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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2013 alle ore 06:39.

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Rivedere la riforma Fornero, a partire dalle norme sulla flessibilità in entrata. Su questo obiettivo convergono i programmi di Pd, Pdl e Scelta Civica, che però presentano ricette assai diverse. Per il partito di Bersani vanno abbassati i costi dei contratti stabilizzati, mentre l'incremento degli oneri introdotto dalla legge 92 non va bene perché penalizza i precari. Più radicale l'intervento del Pdl che propone di tornare alla legge Biagi azzerando i vincoli introdotti sui contratti a termine e le partite Iva. Insieme al credito d'imposta per detrarre alle imprese i contributi sulle assunzioni a tempo indeterminato per i primi 5 anni. Mentre dalla lista del premier Monti arriva la proposta di introdurre una norma di indirizzo rivolta alle parti sociali che facendo leva sull'articolo 8 della legge Sacconi (la 138 del 2011) introduca una rimodulazione del contratto a tempo indeterminato in direzione di una «maggiore flessibilità, mobilità e occupabilità».

È questo, in estrema sintesi, il ventaglio di proposte programmatiche messe in campo dai diversi schieramenti, in vista delle elezioni. Ma entriamo nel merito, partendo dal Pd che per voce del responsabile economico, Stefano Fassina, ieri ha confermato che se andrà al governo modificherà la legge Fornero: «Ha previsto interventi contro la precarietà che non funzionano – ha detto –. L'aumento dei contributi previdenziali alle partite Iva si scarica sul compenso netto dei diretti interessati e non migliora le loro condizioni». Per il Pd «il lavoro stabile deve costare meno di quello precario, va reso più conveniente», non va toccata la riforma dell'articolo 18 «nella formulazione alla tedesca». Quanto alle pensioni «va completata la copertura degli esodati», ma nel medio-lungo periodo il sistema va reso più flessibile «ferma restando l'attenzione all'assoluta stabilità finanziaria».

Il Pdl, oltre al già citato credito d'imposta per i contributi versati dalle imprese ai neoassunti per i primi 5 anni, propone di sostituire l'attuale sistema di sussidi alle imprese con un'equivalente e contestuale riduzione delle tasse su lavoro e produzione. Propone anche il ritorno alla legge Biagi per uno Statuto dei lavori, la risoluzione della questione esodati, lo sviluppo della contrattazione aziendale e territoriale, con la detassazione del salario di produttività.

Quanto a Scelta Civica, propone il superamento del dualismo fra protetti e non protetti nel mercato del lavoro consentendo a imprese e lavoratori di sperimentare un contratto a tempo indeterminato meno costoso (con riduzione del cuneo fiscale e previdenziale) e più flessibile. La proposta formulata da Pietro Ichino e Giuliano Cazzola, a differenza del contratto unico a tutela crescente, non pretende di ridurre tutti i possibili tipi di contratto di lavoro a uno solo, poiché «il tessuto produttivo non può certo fare a meno dei contratti a termine o delle vecchie e nuove forme di rapporti flessibili, se correttamente applicati». Altra priorità la semplificazione della legislazione del lavoro, attraverso un Codice che in massimo 60 articoli esponga la materia «in modo semplice, leggibile da milioni di persone e traducibile in inglese».

Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo propone, invece, l'abolizione della legge Biagi e l'attivazione di un sussidio di disoccupazione di carattere universale di mille euro per tre anni: «È la prima cosa da fare – ripete Grillo nel suo tsunami tour – in tutta Europa lo Stato ti protegge. In quel periodo avresti modo di vagliare due o tre proposte e scegliere quella che meglio si attaglia alle tue scelte». Anche la proposta di Antonio Ingroia (Rivoluzione Civile) non guarda a compromessi, in coerenza con l'iniziativa referendaria lanciata da Antonio Di Pietro (insieme a Sel di Nichi Vendola) per l'abrogazione delle nuove regole sull'articolo 18 introdotte con la riforma Fornero. Oltre al ripristino pieno delle tutele reali previste dall'originario Statuto dei lavoratori, propone una legge sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro.

Di tutt'altra natura il programma di "Fare per fermare il declino" di Oscar Giannino: tutti i lavoratori, a prescindere dalla dimensione dell'impresa di appartenenza, dovrebbero godere di un sostegno al reddito in caso di disoccupazione e di strumenti di formazione che permettano e incentivino la ricerca di un nuovo impiego; un po' come previsto con l'Aspi, che debutta quest'anno, ma con un'estensione maggiore. Per Giannino il pubblico impiego dovrebbe essere governato dalle stesse norme che regolano il settore privato. Quindi: maggiore flessibilità in entrata e in costanza del rapporto di lavoro. Giannino ha anche criticato la legge Fornero: «L'irrigidimento delle forme d'entrata nel mercato del lavoro rischia solo di produrre maggior disoccupazione».

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