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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2013 alle ore 06:41.

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PECHINO
L'annuncio del governo cinese che saranno adottate misure economiche per migliorare la distribuzione sociale della ricchezza e diminuire le differenze sociali, togliendo 80 milioni di persone dalla povertà da qui al 2015, è una decisione politica fondamentale per quanto riguarda il senso di marcia del Paese. Anche se in effetti, nel breve periodo, questo provvedimento non avrà un impatto gigantesco.
Infatti, i numeri presentati dal consiglio di stato (la presidenza del consiglio cinese) non sono drammatici. Le imprese di stato (Soe) dovranno aumentare i loro contributi al tesoro del 5% entro il 2015.
Oggi danno al governo il 5%, il 10% o il 15% dei loro profitti a seconda del settore in cui operano. La media nel 2011 era stata del 7 per cento.
In realtà quindi bisogna aspettarsi che fra due anni daranno circa il 12% dei loro profitti allo Stato, il resto continueranno a poterlo gestire in maniera molto autonoma.
Un'altra misura dal titolo clamoroso, l'aumento del salario minimo al 40% della media dei salari, è anche questa non fondamentale. Molto pochi sono oggi quelli che lavorano con un salario minimo regolare e in tanti casi sono assunti nelle imprese di stato.
Gli stipendi dei massimi dirigenti delle Soe avranno dei tetti massimi e gli aumenti futuri dovranno procedere più lentamente di quelli dei salari minimi. Pure questo non è rilevantissimo, poiché i salari effettivi sono solo una parte dei compensi reali forniti agli alti dirigenti, che possono avere auto di lusso, appartamenti, fondi spese, vacanze all'estero e altro.
Nella sostanza quindi queste misure non avranno un impatto drammatico subito né sull'economia né sulla società. Ma politicamente il segnale è fortissimo. Indica che il governo centrale intende imboccare una direzione di marcia in principal modo per limitare i tanti privilegi delle potentissime Soe.
Non si tratta di misure radicali, e a Pechino ieri molti erano scontenti perché ancora troppo poco è chiesto alle imprese di stato.
Esse usano tante volte gratuitamente monopoli o privilegi dello stato, nella telefonia, nella finanza o nell'energia, dove imprese private non possono competere, e rendono al governo centrale solo una piccola parte dei loro profitti.
A questa prima distorsione del mercato se ne aggiunge poi una seconda. I dirigenti delle industrie di stato sono parte integrante dell'amministrazione del governo e quindi possono usare questa contiguità strutturale per allargare i privilegi per le proprie aziende ed emarginare la concorrenza dei privati.
L'aumento richiesto soltanto del 5% indica certamente che le Soe sono ancora molto forti e oppongono tanta resistenza. Eppure questo non deve trarre in inganno. La Cina è graduale ma perseverante nelle sue politiche, e procede come si stringe una vite, per applicazioni continuate e progressive, non come si infila un chiodo, con un unico colpo secco di martello.
In questo senso anche gli aumenti degli stipendi minimi procedono nel solco degli aumenti dei salari generalizzati che sono stati di oltre il 30% negli ultimi anni e dell'apprezzamento dello yuan rispetto al dollaro americano, moneta di riferimento.
Inoltre è in corso la diffusione delle assicurazioni sociali e specialmente sanitarie che stanno prendendo piede.
Tutte queste misure dovrebbero spingere la crescita dei consumi interni e finire poi per invertire la rotta sull'eccesso di esportazioni. Anche qui non si tratta di misure con impatto immediato ma la storia degli ultimi 30 anni della Cina dimostra che il prudente gradualismo è prova anche di grande determinazione nel fare avanzare i cambiamenti.
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