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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2013 alle ore 06:41.

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TUNISI. Dal nostro inviato
«Mio marito era un patriota, cosciente di rischiare la vita»: così lo descrive Basma, che affronta i media senza esitazioni, con lucidità. Anche lei avvocato, ha condiviso con Choukri Belaid gli anni duri della dittatura e il carcere. «Sapeva, come lo sapevano anche gli altri, che era nel mirino: sabato scorso lo avevo accompagnato al congresso del partito e dal palco aveva denunciato le minacce contro di lui e i militanti democratici». «I tunisini - aggiunge - devono unirsi per costruire un Paese robusto, svincolato dalle ideologie islamiste e importate».
Basma vuole continuare a combattere. Fuori dalla modesta casa di famiglia dei Belaid, a Jebel Jeloud, i visitatori si accalcano per sfiorare il feretro con il drappo rosso nazionale del leader assassinato: «Ci rappresentava tutti», dice Ahmed, 21 anni, che interpreta un sentimento generale. La Tunisia, nel dramma, ha trovato un simbolo in cui riconoscersi, forse più aderente alle vicende di questo Paese - voluto laico e secolarista da Bourghiba - degli islamici con la jallabah.
Belaid unisce, Rashid Gannouchi, lo sceicco capo del partito islamico Ennahda, divide. E l'eco di questi eventi è arrivato anche in Egitto dove Belaid è già diventato una bandiera per coloro che si oppongono ai Fratelli Musulmani e al presidente Morsi. Ma In Egitto con Morsi c'è l'esercito, qui la situazione è più indefinita, anche se il direttore degli Interni si dice che sia vicino a Gannouchi.
Oggi per l'ordine pubblico ci sarà una prova insidiosa. I funerali che partono da questa casa sulla Collina della Pelle - significa questo Jebel Jeloud - sono organizzati dai militari: nel venerdì della preghiera e nel giorno di Belaid, il sindacato Uggt, mezzo milione di iscritti, ha annunciato anche lo sciopero generale.
Una rabbia profonda percorre le piazze: sono esplose le frustrazioni accumulate dopo la "rivoluzione dei gelsomini" da una gioventù delusa e senza prospettive. In Avenue Bourghiba i ninja con i passamontagna in assetto anti-sommossa, a cavallo di moto potenti, hanno continuato a caricare fino a sera i manifestanti. «Se gli islamici si presentano ai funerali li uccidiamo: Gannouchi dégage, Gannouchi vattene», gridano sfidando i lacrimogeni, che soffocano i polmoni da piazza dell'Orologio fino alla Porte de France sotto la Medina. Nelle province la protesta è ancora più selvaggia: a Gafsa sembra ci sia stato un morto, a Sidi Bouzid, città del martire Mohammed Bouazizi, è schierato l'esercito.
La rivolta si riflette in una paralisi politica. Ennahda ha sconfessato il suo primo ministro, Hamadi Jebali, che voleva formare un governo di tecnici. «Prima deve parlarne con noi», dice Feysal Nasser, portavoce al quartier generale di Montplaisir, protetto dalla polizia. «Siamo disponibili solo per un governo di unità nazionale con gli altri partiti della coalizione».
La versione di Ennahda dell'omicidio Belaid è opposta a quella dei laici che incolpano gli islamisti: «I mandanti sono le bande della controrivoluzione - dice Feysal Nasser - che intendono destabilizzare la nuova Tunisia». Ma il partito e il suo capo Gannouchi in questi mesi non hanno speso una parola esplicita per condannare le violenze. Un'ambiguità che adesso forse pagheranno, insieme a tutta la Tunisia.
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