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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2013 alle ore 08:11.

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L'Italia è riuscita a mantenere i 29 miliardi assegnati dalle prospettive finanziarie 2007-2013, mentre Spagna e Grecia per questa voce hanno perso circa un terzo delle allocazioni. Una novità è l'allungamento dei termini che regolano l'arco temporale per l'obbligo di spesa: fissato in due anni dalle regole attuali, in modo da spingere le regioni che ne beneficiano a farlo in tempi rapidi e con efficienza. L'arco di tempo viene ora spostato a tre anni.
Metà delle risorse, pari a 163 miliardi, andranno alle regioni con un reddito pro capite inferiore al 75% della media Ue, 31,6 a quelle con un reddito compreso tra il 75 e il 90% e 50,3 miliardi alle regioni con un reddito superiore al 90% della media Ue.
IMPATTO SULLA CRESCITA
ALTO
–8,4%
Agricoltura e ambiente
Sostanziale tenuta grazie al pressing del fronte Sud
I Governi di Francia e Italia vedono il bicchiere mezzo pieno, per le associazioni di categoria invece è mezzo vuoto. Il giudizio sui fondi all'agricoltura dipende dal punto di partenza: se il confronto viene fatto con il bilancio 2007-2013, la riduzione è forte, se invece si basa sulla proposta iniziale della Commissione europea sul budget 2014-2020, c'è una sostanziale tenuta.
I numeri aiutano a spiegare meglio. Nei prossimi sette anni il capitolo agricoltura resterà la principale voce del bilancio europeo, con una fetta del 38,9% della torta complessiva, un retaggio dei precedenti bilanci in cui gli aiuti alla produzione agricola arrivavano al 50% e oltre della spesa complessiva. Rispetto al periodo precedente il calo è consistente (-11,3%), ma nelle ultime frenetiche giornate di negoziato la spesa agricola non è stata toccata, e anzi Italia e Francia hanno rivendicato piccoli aumenti a loro favore (1,5 miliardi per l'Italia).
Gran parte delle risorse (277,8 miliardi) sono destinate ai pagamenti diretti ai produttori e al sostegno del mercato, ma cresce la quota dello sviluppo rurale e dell'ambiente, come chiedeva anche l'Italia.
Di fronte alle forti pressioni dei Paesi nordici, guidati dalla Gran Bretagna, che puntavano a dare un'ulteriore sforbiciata a quello che ritengono un settore troppo sussidiato, il fronte guidato da Francia e Italia ha tenuto le posizioni e può alla fine rivendicare che la Pac è salva.
IMPATTO SULLA CRESCITA
BASSO
38,9%
Sostegno al lavoro
L'obiettivo è agevolare l'accesso dei più giovani
È considerata la priorità principale per l'Unione. Il bilancio 2014-2020, ha detto il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy commentando l'accordo raggiunto a Bruxelles, affronta preoccupazioni pressanti come la disoccupazione giovanile, cresciuta senza controllo a causa della crisi economica a più del 50% in Paesi come Spagna o Grecia. In tutta l'Unione i disoccupati sono 26 milioni di persone.
Le nuove prospettive finanziarie prevedono così la creazione di un fondo speciale per il quale - tra un taglio e l'altro - i leader europei sono comunque riusciti a trovare 6 miliardi di aiuti regionali da destinare a programmi di formazione e apprendistato per combattere la disoccupazione giovanile. Alla Commissione verrà chiesto di mettere a punto un piano specifico. I fondi - ricordando che la cifra deve essere distribuita in sette anni - sono destinati ai Paesi in cui il tasso dei giovani disoccupati sotto i 25 anni è al di sopra del 25%, e verrano distribuiti proporzionalmente in base ai dati del 2012. Metà della somma - è spiegato nelle conclusioni finali del vertice - proverrà dal Fondo sociale europeo, metà saranno fondi nuovi. All'Italia andranno oltre 400 milioni di euro, ha spiegato in conferenza stampa a Bruxelles Mario Monti parlando di «obiettivo molto importante». Una cifra inferiore però ai 600-800 milioni di euro di cui si era parlato nei giorni scorsi.
IMPATTO SULLA CRESCITA
BASSO
6 miliardi
Burocrazia e costi
Ridotte le spese operative della Ue
Già alla vigilia del summit era chiaro che i costi della burocrazia europea che consente alle istituzioni comunitarie di funzionare - il 4% dell'intero budget - sarebbero stati una delle aree di spesa nel mirino, nel clima di caccia ai tagli più facilmente accettabili da tutti i 27 Paesi membri. Sapendolo, gli euroburocrati avevano giocato d'anticipo, scendendo in sciopero il 5 febbraio, promettendo altre proteste. I tagli in discussione - avvertivano - rischiano di paralizzare l'Unione.
Ma il sostenitore più entusiasta di una sforbiciata all'euroburocrazia e ai suoi compensi (da lui definiti «un universo parallelo») era il premier britannico David Cameron, che l'ha avuta vinta: ha ottenuto una riduzione di un miliardo di euro sulle spese operative delle istituzioni e dei loro 55mila funzionari - stipendi, pensioni e costi amministrativi. Si scende così dai 62,6 miliardi di euro proposti per sette anni dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy in novembre a 61,6 miliardi, un miliardo di risparmi ottenuto da tagli a stipendi, agevolazioni fiscali e pensioni, dalla revisione del sistema di promozioni automatiche. Rispetto all'esercizio corrente (2007-2013) la spesa amministrativa cresce dell'8%, un aumento di 4,5 miliardi.
In conclusione, danni limitati per gli euroburocrati, se si pensa che si era parlato addirittura di imporre tagli fino a 15 miliardi per il periodo 2014-2020. A quel punto, aveva avvertito il commissario slovacco responsabile per l'Amministrazione Maros Sefcovic, «non ci resterebbe che tornare a casa».
IMPATTO SULLA CRESCITA
BASSO
1 miliardo

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