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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2013 alle ore 08:15.

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ROMA
Una nuova grana per Mario Monti proprio in una Regione così cruciale per la partita elettorale come la Lombardia. Ieri è successo che dopo le esternazioni di Ilaria Borletti Buitoni che già aveva "sponsorizzato" Umberto Ambrosoli – mentre la Scelta civica sostiene Gabriele Albertini – sono spuntati altri endorsement mettendo in grave difficoltà il Professore e, naturalmente, Albertini che li ha subito contrattaccati chiamandoli «pseudomontiani». Il fatto è accaduto in mattinata, nel corso della presentazione delle liste del Centro popolare lombardo (che appoggiano il candidato di centro-sinistra) quando un gruppo di candidati nelle liste per Monti guidati da Lorenzo Dellai ha lanciato un appello al voto disgiunto per Ambrosoli in Regione e per Scelta civica alle politiche. Dichiarazioni che sono diventate un caso soprattutto perché mettono in profonda discussione la "terzietà" della lista di Monti che non ha voluto schierarsi né con la sinistra né con la destra. Insomma, è un progetto politico che è stato appannato forse più che il candidato montiano alla Regione, Gabriele Albertini.
A mettere a tacere quelle voci – quando già nella lista si era scatenata una guerra – è stato lo stesso Monti ma con la voce di Mario Sechi, responsabile della campagna elettorale. «Siamo contrari al voto disgiunto in Lombardia. Le alchimie elettorali non sono il nostro mestiere e domani (oggi, ndr) a Milano il presidente Monti ribadirà il suo no». Ma Sechi cerca di mettere alle strette anche le ragioni di chi ha lanciato il voto disgiunto volendo impedire la vittoria di Maroni. «Non si capisce sulla base di cosa si possa affermare che la nostra lista sottrae voti al centrosinsitra. Semmai – precisa Sechi – è il contrario: i voti noi li portiamo via al Pdl, visto che Albertini è stato un politico e amministratore autorevole di quella parte politica».
Insomma, smontato pezzo per pezzo l'endorsement di alcuni montiani ad Ambrosoli è stato lo stesso Albertini a compiacersene non senza togliersi qualche sassolino. «Il dire che noi siamo una succursale del Pd, come qualcuno della nostra lista – ahimè – ha inteso affermare, è negare la nostra stessa proposta politica, che non è il trascurabile Albertini ma è l'importante scenario della Scelta Civica, che rifiuta la demagogia populista della destra leghista e la sinistra massimalista e ideologica». Tra l'altro la polemica è scoppiata proprio nel giorno in cui Maroni ha lanciato l'ultima trovata dopo le tasse al Nord: la moneta locale della Lombardia che Bersani ha ribattezzato «il marone» mentre Albertini infilza il Pdl: «Ci manca solo questo per aumentare il senso del ridicolo rispetto all'alleanza del Pdl che è ormai il Partito della Lega».
A stringersi intorno al ragionamento di Albertini sul voto disgiunto, che sarà rimarcato oggi a Milano dallo stesso Monti, c'è un gruppo di candidati in Lombardia capitanati da Mario Mauro (ex Pdl) e Gregorio Gitti. Intanto anche Maroni pensa al voto disgiunto: «Penso di sì, ho questi segnali, sono ottimista» mentre Berlusconi lo stoppava bocciando l'opzione del voto "doppio". Ma la vera notizia sul Cavaliere è il suo stop and go sul condono. Ieri la marcia indietro: «Io non ho promesso amnistia, condono edilizio e il condono tombale. Ho detto che se avrò una maggioranza come Pdl andremo avanti su questa strada. Nel programma del rassemblement di centrodestra non ci sono, ma io sono favorevole a tutte e tre le cose». Naturalmente ha ribadito la restituzione dell'Imu «a maggio» che verrà deciso con il primo consiglio dei ministri.
Ma soprattutto il Cavaliere apre a una grossa coalizione con la sinistra per fare le riforme. «Siamo assolutamente disponibili a un accordo con la sinistra ove si trovasse una posizione comune sulle modifiche costituzionali, che considero essenziali per arrivare a un Paese davvero governabile».
Il consueto tweet di Monti di ieri è stato più che sulle alchimie elettorali o istituzionali sui giovani. «Non sono preoccupato della perdita di seggi dei due poli, ma che i giovani italiani trovino lavoro».
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CONTRAPPUNTO
Il gettito deludente della sanatoria edilizia
I condoni spesso hanno tradito le attese. Almeno quelle del Cavaliere. Se si parla di condono edilizio, poi, le distanze tra aspettattive e risultato finale è quasi del 50 per cento. Il gettito finale dell'ultima corsa all'oblazione lo certifica: nel 2005 il Governo Berlusconi, dopo aver proposto ai contribuenti ben 15 tipologie differenti di perdoni fiscali, giocò la carta del condono edilizio per recuperare nelle casse dello Stato almeno 5 miliardi di euro. Con la versione finale della sanatoria il gettito atteso era già sceso a poco più di 3,1 miliardi. A consuntivo il bilancio 2006 dello Stato segna 2,7 miliardi.
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