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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2013 alle ore 18:30.

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Roberto Ceraudo resta in carcere. Così ha deciso il tribunale del Riesame di Roma, che ha ritenuto sussistere «le esigenze cautelari» per l'ex amministratore di Breda Menarini, nell'inchiesta sulla sospetta tangente da 800mila euro per la fornitura di 45 filobus alla Roma Metropolitane, società controllata dal Campidoglio.

Regge, dunque, l'impianto accusatorio del sostituto procuratore di Roma, Paolo Ielo: anche il beneficiario di una fattura falsa, che però non l'abbia utilizzata ai fini fiscali, risponde di concorso in emissione di fatture per operazioni inesistenti (articolo 8 legge sui reati tributari). «È un uomo di quasi 70 anni che deve rispondere di fatti che risalgono a quattro anni fa», ha commentato il difensore dell'ex manager, l'avvocato Francesco Compagna. Secondo il professionista, infatti, «sul piano tecnico-giuridico Ceraudo è stato arrestato per un reato fiscale che certamente non ha commesso».

Compagna si riferisce, in particolare, all'articolo 9 della legge sui reati tributari, secondo cui non c'è concorso nella falsa fatturazione quando il beneficiario non le abbia utilizzate. Tuttavia la materia è oggetto di alcune pronunce giurisprudenziali, che invece – come ipotizzato dalla Procura – puniscono anche il beneficiario a prescindere dall'effettivo utilizzo delle fatture. Fin qui è la decisione in diritto del Riesame.

Nel merito, invece, il collegio di piazzale Clodio ritiene che ci siano le esigenze cautelari per l'ex ad di Breda, arrestato il 24 gennaio scorso. Con Ceraudo, che avrebbe pagato la maxi tangente, sono indagati anche l'imprenditore Edoardo D'Inca Levis, che avrebbe predisposto un «fondo nero» per accumulare il denaro, Lorenzo Borgogni e Lorenzo Cola, funzionari di Finmeccanica e il commercialista di Cola, Marco Iannilli, oltre a due manager di Breda e l'ex amministratore dell'Ente Eur, Riccardo Mancini, che avrebbe avuto una tangente da 60mila euro.

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