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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2013 alle ore 06:37.

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Valeria Uva
Comuni, Province e Regioni possiedono un tesoro da 4,5 miliardi di euro, riservato alle opere pubbliche. Ma è chiuso a chiave.
Strade da allargare, scuole da mettere in sicurezza, rotatorie e piste ciclabili: tutto bloccato per via dell'«effetto patto». Ovvero per i vincoli di spesa imposti agli enti locali, appunto, dal Patto di stabilità europeo. Un freno certo non nuovo. Ma stavolta l'Ance è in grado di quantificarne per il Sole 24 Ore con esattezza l'ammontare. Il centro studi dell'associazione dei costruttori ha contato a fine 2012, nei bilanci degli enti locali, quattro miliardi di euro disponibili in termini di cassa, ma bloccati dal Patto di stabilità. Questa è la somma «certificata» dagli enti nelle 16 Regioni che hanno applicato la regionalizzazione del Patto (tutte meno Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, dove però il problema è minore). Ai quattro miliardi nazionali, va aggiunta la Sicilia, nella quale non opera la regionalizzazione, che vanta crediti per lavori già eseguiti per 409 milioni.
Di debito in debito, insomma, il tesoro è ormai giunto a quota 4,5 miliardi, uno in più dei 3,4 del 2011. Ma l'aspetto nuovo di questo inizio 2013, all'indomani dell'ultimo inasprimento alle spese degli enti locali, è che i cordoni della borsa si sono chiusi per tutti. Persino per i lavori già in corso o affidati.
Un primo grido di allarme viene dalle province dell'Upi: 700 milioni le fatture non saldate al 31 dicembre, si legge nel documento predisposto per il prossimo Governo. Di questi esattamente la metà, cioè 350 milioni, per le scuole. Facciamo qualche esempio: a Domodossola non si riesce a completare la palestra dell'Istituto Marconi Galletti: mancano 200mila euro di lavoro per gli spogliatoi. Ritardi nel trasferimento di fondi regionali stanno mettendo in difficoltà la Provincia di Verbano Cusio Ossola, impegnata nella riqualificazione energetica della scuola agraria «Fobelli» nel territorio di Crodo. Ma è tutto il maxipiano da 1,188 miliardi di edilizia scolastica a stentare all'ultimo miglio, quello del cantiere.
«Certo ci hanno tagliato due miliardi dal 2011 al 2013 - commenta il presidente Upi, Antonio Saitta - ma paradossalmente i cantieri non si stanno bloccando per questo». Gli enti, infatti, sono pronti ma non «possono bandire le gare o iniziare i lavori se non possono pagare». Un paradosso che Franco Bonessi, direttore di Anci Veneto e vicesindaco di Trevignano (Comune da 10mila abitanti e 5 milioni bloccati), traduce in pratica: «Da noi la riqualificazione urbana della frazione di Signoressa è ferma da due anni, così come la nuova pista ciclabile».
I casi
All'ultimo miglio c'è una valanga di piccole opere, che allevierebbero subito i disagi dei cittadini e porterebbo un altrettanto immediato beneficio all'economia del luogo. Ad esempio, nel comune di Lurago d'Erba (Como) va potenziata la rete fognaria: un lavoro da 500mila euro appaltato 18 mesi fa, ma mai partito. «Abbiamo un milione fermo in cassa» spiega il sindaco Rinaldo Redaelli.
C'è anche chi i soldi ha faticato ad acquisirli e poi li ha dovuti restituire: questa è la sorte del mutuo da 7,5 milioni acceso e poi estinto dalla Provincia di Ravenna per una variante alla strada n. 8, finanziata ma bloccata. Ad Arezzo sono aperti diversi cantieri stradali che dovrebbero "generare" pagamenti per 30 milioni. Peccato che la Provincia, per via del Patto nel 2013, non dovrebbe pagare più nulla. Padova ha ottenuto 46 milioni dalla vendita di azioni e ha 12 milioni di lavori già eseguiti: «Ne potremo pagare solo sei - dichiara la presidente, Barbara Degani - gli altri possono solo cedere il nostro credito pro soluto».
Le ditte più in difficoltà hanno imboccato la strada giudiziaria. Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso (70 milioni in cassa, 25 spendibili quest'anno) si attende la richiesta di risarcimento danni dalla ditta che vinto il sovrappasso ad Orsago «assegnato l'anno scorso».
Le proposte
All'appello degli enti locali mancano 12 miliardi. Nell'attesa le imprese falliscono: 9.500 nei primi nove del 2012, 351 al giorno. In teoria, il problema dovrebbe essere scomparso dal primo gennaio scorso, data di entrata in vigore del Dlgs 192, che impone di saldare le fatture a 30 giorni, pena interessi all'8,75 per cento. Ma ovviamente la legge non cancella il Patto. Non ha dubbi il presidente Upi: «Tra i due obblighi, sceglieremo di rispettare il Patto per non alzare i tributi, ma pagheremo interessi salatissimi».
Per il presidente dei costruttori Ance, Paolo Buzzetti «è indispensabile risolvere la questione dei debiti pregressi» L'Ance chiede un piano di pagamento, da concordare con l'Unione europea come misura una tantum. «Da quest'anno con il trattato sul fiscal compact la trattativa sarebbe più facile» conclude Buzzetti. Che ha appena consegnato il dossier a tutti i candidati premier.
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