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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2013 alle ore 13:56.

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Scorrendo gli archivi su Oscar Pistorius, l'atleta senza peroni e con il carbonio dalle ginocchia in giù, ora accusato di aver ucciso la fidanzata, si trovano gare, sacrificio, eccezionalità. E un soprannome impegnativo, Blade Runner, film di Ridley Scott tratto dal libro di Philip K. Dick «Gli androidi sognano le pecore elettriche?», che si chiude con la fuga dell'agente speciale Rick Deckard-Harrison Ford e Rachel-Sean Young, la replicante che ama su cui pesa la profezia «Peccato che lei non vivrà. Sempre che questo sia vivere».

Nel giorno di San Valentino, l'uomo Blade Runner - speranza dello sport deluso da un'altra eccezione, l'ex malato di cancro e ciclista Lance Armstrong che ha perso le vittorie del Tour de France per comprovato doping - deve spiegare perché ha sparato alla fidanzata Reeva Steenkamp, 30 anni, eccezionale pure lei, ma solo per bellezza, qualità che l'ha fatta entrare nelle passeggere classifiche delle cento donne più sexy del mondo. Per il resto, una ragazza normale che ieri sera scherzava su Twitter «cosa tirerete fuori dalla manica per il vostro amore domani?», hashtag #getexcited (entusiasti) e #ValentinesDay, e oggi lascia una famiglia straziata.

Invece di Pistorius, uomo eccezionale che combatte per esser considerato normale, si trova poco, al di là dei meriti sportivi e della battaglia civile per superare l'equazione disabilità-handicap. Un poco che in queste ore s'incrocia con i neri aggiornamenti da Pretoria: stamane la polizia parlava di «frequenti incidenti domestici» che col passare delle ore e dei bollettini diventano «dispute familiari» e le prime testimonianze non confermate, quindi da prendere con le pinze, di «grida e urla» sentite all'alba dalla villa del velocista.

Il campione "la cosa senza gambe più veloce del mondo" è socialmente un privilegiato, figlio di una coppia bianca benestante, la madre morta quando lui ha 15 anni, in un Paese da pochi decenni bonificato dall'odio razziale ma con un tasso di criminalità alto dove chi può si difende con le armi. Certo è che Reeva non era la donna su cui si vociferava durante le Olimpiadi di Londra 2012 che han visto Pistorius protagonista. Nel luglio scorso, il flirt sembrava la russa Anastassia Khozzissova, scriveva il tabloid New York Post. Un'altra top model, abituata alle passerelle di Prada, Chanel, Armani, Marc Jacobs. Un flirt di un mese non confermato che sarebbe seguito alla rottura con la fidanzata storica a inizio 2012. Lui si limitò a dire con aria sorpresa «non è vero, siamo solo amici» con lo stesso sorriso con cui nelle occasioni ufficiali dichiara «amo lo sport, non la fama che ne consegue. Non esco molto, mi interessa solo questo: non c'è altra cosa al mondo che m'interessa così». Tante sagge frasi per i suoi pochi anni: «Se fossi un cantante o un attore, la fama servirebbe ma nello sport non conta: non mi fa andare più veloce né perdere peso». Il cronista del Times di Londra annotava però quest'estate: Pistorius è uno sportivo che gestisce molto bene la sua fama, un consumato oratore che spesso fulmina e riscalda il suo pubblico con un sorriso.

Inquieta una breve cronaca del 21 novembre 2012 di Cape Argus, giornale di Cape Town. Nel breve trafiletto, si legge che Pistorius è accusato di aver minacciato di rompere le gambe a un altro uomo, amico del presunto rivale in amore, il produttore tv Quinton van der Burgh. Il minacciato è Marc Batchelor, amico di van der Burgh, che avrebbe cercato di difenderlo dalla furia di Blade Runner. Il campione avrebbe perso le staffe per la presunta infedeltà dell'allora compagna, una diciottenne senza nome rimasta a casa mentre lui correva alle Olimpiadi di Londra. La storia finisce con Batchelor che nega di aver mai minacciato nessuno e Pistorius che sceglie il no comment.

Su Facebook ieri Reeva, compagna di soli due mesi dunque, parla di «gioie dell'amore»: «È bello quando trovi qualcuno che sia innamorato della tua mente. Qualcuno che vuole parlare alla tua coscienza e far l'amore con i tuoi pensieri. Qualcuno che vuole guardarti mentre lentamente butti giù i muri che ti sei costruito e li lasci entrare». La ragazza si era trasferita a Johannesburg per lavorare come modella e presentatrice «una studentessa intelligente, motivata, gentile con tutti», dice il preside della sua facoltà. Lei si definiva: «modella sudafricana, ragazza copertina per Fhm, concorrente del programma Tropika Island of Treasure, laureata in legge e ambasciatrice». Era anche testimonial per una campagna contro gli stupri dedicata a Anene Boysen, 17enne violentata da un branco e poi morta per le ferite subite. Quattro giorni prima di essere uccisa, Reeva scriveva: «Stamattina mi sono svegliata in una casa sicura e felice. Non a tutti capita. Solleva la tua voce contro gli stupri in Sudafrica».

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