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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 08:24.

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MILANO - L'ex amministratore delegato e tuttora presidente di Finmeccanica Giuseppe Orsi ha trascorso l'intera mattinata di ieri a prepararsi all'interrogatorio di garanzia previsto per oggi. Lo ha fatto con il suo legale Ennio Amodio che lo ha raggiunto nel carcere di Busto Arsizio dove Orsi è detenuto da martedì scorso. Sempre oggi, e sempre davanti al giudice per le indagini preliminari bustocco Luca Labianca, è previsto l'interrogatorio dell'amministratore delegato di Agusta Westland Guido Spagnolini, colpito dalla più blanda misura degli arresti domiciliari.

Entrambi i manager, insieme agli intermediari Guido Ralph Haschke e Carlo Gerosa, debbono rispondere delle accuse di corruzione internazionale e frode fiscale nell'ambito della vicenda della commessa indiana di 12 elicotteri AW 101. Un appalto da cui, secondo i magistrati, sarebbe sgorgato quel fiume di denaro (51 milioni) utilizzato solo in parte per pagare tangenti ai committenti indiani per modificare i capitolati d'appalto (in origine sfavorevoli ai velivoli italiani e statunitensi), in parte – secondo le dichiarazioni di Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni pubbliche del gruppo Finmeccanica, primo "pentito" di questa storia – per veicolare denaro che sarebbe finito a uomini politici italiani, in particolare della Lega Nord, considerati vicini a Orsi. In ogni caso nell'ordinanza che ha disposto gli arresti si prende in considerazione soltanto uno dei filoni d'indagine. Non viene contestato il reato di finanziamento illecito ai partiti, né viene coinvolto il terzo intermediario che ha preso parte alla triangolazioni. Quel Christian Michel, cittadino britannico che, attraverso una società di Dubai, la Global Service, avrebbe svolto il ruolo di collettore di parte del denaro proveniente dalla commessa.

L'ipotesi del reato di finanziamento illecito era stata formulata dai pm di Napoli Vincenzo Piscitelli e John Henry Woodcock che avevano inziato a indagare salvo essere spogliati dall'inchiesta da una decisione della Cassazione, su richiesta della difesa, che annullava la competenza del tribunale partenopeo per investire quello di Busto Arsizio. Tra gli elementi che - secondo l'accusa - porterebbero a un collegamento tra Lega e Orsi vi è un passaggio della deposizione ai pm di Luciano Zampini, Ceo di Ansaldo Energia che, rievocando i momenti salienti della nomina di Orsi al vertice di Finmeccanica, racconta di colloqui intercorsi tra lui e l'ex presidente Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini in cui si dava conto di una riunione cui avrebbero partecipato «Maroni, Giorgetti, Calderoli e Letta» in cui si decise per la nomina di Orsi. Ieri è arrivata la smentita di Roberto Maroni. Il segretario federale della Lega ha negato che quella riunione si sia mai tenuta.

Ma ieri si è aperto un altro capitolo della vicenda. Quella che investe il «vistoso» lavoro di inquinamento delle prove che sarebbe stato architettato da Orsi e che ha persuaso il pm Eugenio Fusco a chiedere le misure cautelari a suo carico. In dettaglio il lavoro di lobbying tentato nei confronti dell'«organo direttivo della magistratura» (cioè il Csm) di due ex magistrati nominati da Orsi nel comitato di sorveglianza di Finmeccanica per l'applicazione della legge 231 del 2001. Scopo del pressing: tentare di escludere dall'inchiesta il pm, rivelatosi più attivo del previsto, accelerando la nomina del procuratore capo (tuttora vacante e ricoperta ad interim dallo stesso Fusco). Il comitato di presidenza del Csm ieri ha ratificato la richiesta del segretario generale del Csm Carlo Visconti alla procura di Busto per l'acquisizione dell'ordinanza di custodia cautelare a carico di Orsi. Nei giorni scorsi il vicepresidente del Csm Michele Vietti aveva escluso il coinvolgimento nella vicenda di consiglieri e magistrati in servizio al Csm.

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