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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2013 alle ore 09:21.

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SIENA - Una quota di titoli Fresh per un valore facciale di 30 milioni, emessi nell'aprile 2008 da Bank of New York e convertibili in azioni Monte dei Paschi, fu sottoscritta e dovrebbe essere tuttora nel portafoglio di Unicoop Firenze, azionista del gruppo bancario senese con il 2,7 per cento. Per ognuno di questi bond ibridi la cooperativa di consumo toscana presieduta da Turiddo Campaini pagò un euro e mezzo, mentre l'azione Mps quotava in Borsa tra 2,3 e 2,4 euro.

L'operazione appariva vantaggiosa, perchè all'emissione era associata una cedola che sfiorava il 10% (pari, cioè, al tasso Euribor dell'epoca maggiorato del 4,30%). I problemi emersero quando si capì che il Fresh non era un prestito perpetuo, che poteva essere contabilizzato nel capitale di vigilanza della banca, ma un debito camuffato da capitale. Banca d'Italia non a caso pretese, nell'aprile 2009, che al regolamento del bond fossero apportate delle modifiche: i sottoscrittori del Fresh avrebbero incassato la cedola solo a condizione che il Montepaschi avesse chiuso l'esercizio in utile e distribuito un dividendo. Il miraggio del 10% d'interesse naufragava miseramente, anche perché ai più avveduti appariva evidente che, con l'acquisizione di Antonveneta dal Santander, la banca non sarebbe stata più in grado di distribuire profitti.

Avremmo voluto chiedere a Campaini, che siede da dieci anni nel consiglio d'amministrazione del Monte e ne è stato a lungo vicepresidente, che fine hanno fatto quei titoli in pancia ad Unicoop Firenze, ma il suo portavoce ci ha risposto che in questi giorni è inavvicinabile per la stampa. Sarebbe stata una buona occasione per tirare anche le somme dell'investimento nel capitale del Monte dei Paschi. Nel 2007 Unicoop aveva iscritto a bilancio il gruppo bancario senese a 2,52 euro per azione e valutava la propria partecipazione 467 milioni.
Nel 2008 (presidente del consiglio di gestione Armando Vanni) è stata costretta a svalutare la quota azionaria di 189 milioni, riducendo il valore di carico del titolo a 1,50 euro. E ai valori correnti di mercato, con i chiari di luna della Borsa, la partecipazione incorpora una minusvalenza potenziale di oltre 400 milioni. È una cifra colossale per una cooperativa di consumo che dovrebbe impiegare il prestito partecipativo dei soci in operazioni coerenti con il proprio oggetto sociale e non in avventure finanziarie che rischiano di distruggere valore. Come dice un saggio esponente del mondo della cooperazione toscana, una cooperativa come Unicoop deve saper vendere pomodori e realizzare buoni supermercati evitando di sconfinare nella finanza e di ritrovarsi in mano un pungo di azioni del Monte e di Italease.

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