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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2013 alle ore 06:37.

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«Ora chi ha creato il problema deve risolverlo, e non si tratta certo dei Comuni e tanto meno delle aziende». Andrea Razzini è l'amministratore delegato di Veritas, la prima multiutility del Veneto per dimensioni e fatturato. Non è un'azienda in crisi, i suoi conti si tengono ben lontani dal rosso e nell'igiene ambientale è attiva in tutti i 44 Comuni della provincia di Venezia, ma l'allarme suona ai massimi livelli.

«I problemi della Tares sono democratici – scherza Razzini – perché i rischi concreti di interruzione del servizio ci sono sia per le aziende già in crisi in passato sia nelle realtà più solide come la nostra». Per Veritas la raccolta e smaltimento rifiuti vale 12 milioni al mese. Con la tariffa di igiene ambientale le rate annue erano quattro, scansionate per zone con un sistema che garantiva un flusso costante di risorse ora completamente bloccato. «Per gennaio – racconta Razzini – abbiamo fatto ricorso ai fidi bancari, che certo hanno un costo ma rappresentavano l'unico strumento possibile per gestire la situazione. È ovvio però che non esiste alcuna possibilità di andare avanti a fidi fino a luglio».

Anche nel caso veneto, quindi, l'unica alternativa è stato chiedere aiuto ai Comuni, con il ricorso alle anticipazioni di cassa. «I sindaci possono venirci incontro perché sanno che comunque i soldi arriveranno nel corso dell'esercizio, ma non è semplice». Anche le casse comunali, poi, hanno una disponibilità limitata, e le anticipazioni si riflettono in un ostacolo ulteriore sui pagamenti agli altri fornitori. Come se ne esce? «Ora i ministeri devono dare indicazioni decenti e rapide, se non vogliono vedere il servizio rifiuti interrompersi in tutta Italia».

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