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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2013 alle ore 15:09.

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Il dimissionario premier bulgaro, Boiko Borisov (Reuters)Il dimissionario premier bulgaro, Boiko Borisov (Reuters)

Il primo a cadere, nel gennaio 2011, fu l'irlandese Brian Cowen, l'ultimo della lista - per ora - è il collega bulgaro Boiko Borisov. Il suo governo ha dato le dimissioni mercoledì mattina, sconfitto dalla protesta dell'intero Paese per l'aumento dei prezzi dell'elettricità portato dall'inverno. L'austerity portata dalla crisi del debito scoppiata in Europa a fine 2009 ha fatto un'altra vittima.

Il siluramento del ministro delle Finanze Simeon Djankov, sacrificato da Borisov il 18 febbraio per calmare le acque, non è bastato: la Bulgaria è il più povero tra i Paesi dell'Unione europea, e gli aumenti dei prezzi hanno fatto traboccare l'esasperazione generale di fronte all'abbassamento del tenore di vita, la corruzione al potere, i monopoli. A Sofia, al grido "Mafiosi, dimettetevi!", per tre notti la protesta è sfociata in scontri violenti con la polizia, con arresti e feriti. E alla fine l'invito è stato raccolto: "Ho fatto tutto quanto è in mio potere per accogliere le richieste - ha proclamato Borisov -. Non prenderò parte a un governo che fa picchiare la gente dalla polizia".

Gettata la spugna, potrebbe raccoglierla di nuovo subito. Borisov, ex guardia del corpo del dittatore comunista Todor Zhivkov ed ex sindaco di Sofia, può tentare di formare un nuovo esecutivo o proporre un successore appoggiandosi alla maggioranza che il suo partito di centro-destra, Gerb (sigla di Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria), mantiene in Parlamanento. Se fallirà - Borisov esclude di governare in una coalizione - la Bulgaria dovrebbe anticipare le elezioni in programma il 7 luglio, mettendo alla prova la reale popolarità di Gerb e dell'opposizione socialista di fronte alle misure di austerità - tasse in aumento, pensioni e salari bloccati - che fino allo scorso anno il premier aveva cercato di limitare.

Ma oggi la disoccupazione in Bulgaria resta all'11,9%, i salari medi sono congelati a 800 lev al mese, 410 euro, le piccole imprese falliscono e in luglio il costo dell'elettricità è stato aumentato del 13%. In più, la crisi interna rischia di traboccare oltre confine: tra le promesse fatte dal governo per placare le proteste c'è quella di revocare la licenza alla compagnia che distribuisce l'elettricità, la Cez, per il 70% di proprietà del governo ceco. Che ha subito chiesto spiegazioni, assicurando di essere pronto a passare alle vie legali.

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