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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2013 alle ore 14:11.

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La fabbrica Good Year di Amiens. (Afp)La fabbrica Good Year di Amiens. (Afp)

E' un brutto colpo di immagine per il presidente della Repubblica, François Hollande, e le sue speranze di attrarre gli investitori stranieri in Francia. Paese con i conti pubblici sempre più in bilico, accusato spesso di un lento declino industriale a causa di una classe politica pavida che rifugge da decenni il varo di coraggiose ma impopolari riforme strutturali per timore della risposta giacobina della piazza.

In questo quadro è scoppiata l'ennesima polemica al calor bianco che ha colpito come un meteorite il governo di Parigi e i suoi sforzi di voltare pagina per recuperare competitività. «I francesi lavorano solo tre ore al giorno»: è la pesante accusa lanciata di Maurice Taylor, presidente di Titan international, una multinazionale americana di pneumatici agricoli che si era candidata al riacquisto della fabbrica Goodyear a Amiens, nel nord della Francia, che dà lavoro a 1.200 dipendenti, prima di rinunciare lo scorso settembre a causa del fallimento dei negoziati su un piano di riduzione del personale con il maggiore e bellicoso sindacato dei lavoratori, la Cgt., la bestia nera del Medef, la Confindustria transalpina.

«Ho visitato questa fabbrica diverse volte - ha fatto sapere Taylor in una lettera infuocata indirizzata al ministro francese del rilancio Economico, Arnault Montebourg , personaggio molto controverso in Francia e ideologicamente spinoso, noto per la sua intransigenza verso le esigenze del mondo della produzione e del mercato-. «I dipendenti francesi guadagnano molto ma lavorano solo tre ore al giorno. Spendono un' ora per la pausa pranzo, chiacchierano per tre ore e lavorano le restanti tre ore. L'ho detto ai sindacati francesi. Mi hanno risposto che in Francia è così». Punto e basta. Prendere o lasciare. Della globalizzazione i sindacati francesi sembrano non avere né timore né tanto meno di esserene a consocenza. Poi le fabbriche, comprese quelle del colosso dell'auto pubblica Renault, emigrano in Spagna per i salari più competitivi, le regole del lavoro più flessibile mentre i lavoratori francesi si trasformano in disoccupati.
Montebourg aveva provato, senza successo, a rilanciare, lo scorso gennaio, i negoziati con i dirigenti di Titan international.

A quel punto è arrivato l'attacco epistolare al Governo francese, ripreso dalla stampa locale, in primis Les Echos, il giornale economico parigino, che suona come una vendetta postuma del dirigente americano di Titan, esasperato dall'impossibilità di lavorare in Francia e di rimettere in sesto un'industria che non è più competitiva. Peccato per gli operai francesi che alla fine richiano di essere le vittime di questi giochi di potere di una casta politica che fa dell'immobilismo la sua principale virtù.

La portavoce del governo francese, Najat Vallaud-Belkacem, ha cercato di non farsi trascinare nella polemica rivendicando che "la Francia resta il primo paese destinatario di investimenti diretti dagli Stati Uniti. Ma al di là delle sparate di un manager Usa, peraltro apertamente schierato a livello politico, il problema è che in Francia, oltre a questa fabbrica ad Amiens Nord, dove rischiano il posto 1.173 dipendenti, altri siti produttivi sono in bilico. E non hanno aiutato a gestire la situazione le polemiche che si sono innescate attorno alla supertassa sui ricchi, voluta da Hollande sui redditi plurimilionari.Chi infatti sono scappati in Belgio.

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