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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2013 alle ore 06:41.

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L'imminente arrivo di decisi "reflazionisti" alla guida della Banca del Giappone (BoJ) fa precipitare lo yen e rilancia le preoccupazioni sulle cosiddette «guerre valutarie» maldestramente smentite in via ufficiale negli ultimi vertici internazionali. La divisa giapponese ha toccato i nuovi minimi da 33 mesi sul dollaro sfiorando quota 95, mentre in giornata l'euro è avanzato fin oltre il rapporto di 125 (prima di livellarsi intorno a 123 sull'onda dei primi dati sulle elezioni italiane), per le indiscrezioni secondo cui il 19 marzo diventerà governatore della BoJ Haruhiko Kuroda, un esperto diplomatico, già alto funzionario delle Finanze e dal 2005 presidente dell'Asian Development Bank: un personaggio autorevole che da anni critica la Banca centrale per la sua presunta timidezza nel combattere la deflazione.
Uno dei suoi vice dovrebbe essere, sempre secondo le ultime voci, Kikuo Iwata: un professore all'Università Gukushuin di Tokyo che, non essendo un burocrate, ha elaborato sul piano accademico critiche davvero spietate alla BoJ diventando un alfiere di politiche audaci e non ortodosse per ottenere inflazione e rilancio economico. Sembra invece tramontata l'ipotesi dell'insediamento di Toshiro Muto, un candidato relativamente più moderato. «È la fine della tolleranza per la deflazione», osserva Richard Jerram, capo economista di Bank of Singapore e per lunghi anni esperto delle dinamiche di un Giappone che gli appare «a una svolta».
Certo quando sta accadendo non ha precedenti da molti anni: a due mesi dalla presa del potere, il primo ministro – anziché veder cedere rapidamente la sua popolarità, l'ha addirittura rafforzata facendola salire intorno al 70% (per la Kyodo addirittura al 72,8%): una luna di miele che continua anche presso i mercati finanziari, tanto che ieri l'indice Nikkei della Borsa – sospinto dallo yen debole – ha guadagnato un altro 2,4% portandosi a 11.662,52, i massimi da 4 anni e mezzo. Un progresso di ben il 35% da metà novembre – quando furono convocate elezioni anticipate dall'esito scontato (il ritorno al potere del Partito Liberaldemocratico) – che vari analisti pronosticano in prolungamento: Nomura, ad esempio, ha alzato le sue previsioni a fine anno da 12.500 a 14.500 per il Nikkei, in quanto il forte deprezzamento dello yen dovrebbe riverberarsi sugli utili delle imprese esportatrici.
Tra i Paesi più preoccupati dallo yen debole c'è la Corea del Sud: non a caso il nuovo presidente – la signora Park Geun-hye, che si è insediata ufficialmente ieri – nei giorni scorsi ha promesso che agirà in modo «preventivo ed efficace» affinché le imprese sudcoreane non soffrano per l'apprezzamento del won. Shinzo Abe, intanto, è tornato dalla sua visita a Washington con un discreto bottino. Non ha raggiunto il suo programma massimo, ossia un esplicito riconoscimento americano della sovranità giapponese sulle isole Senkaku (contestata da Pechino), ma probabilmente questo è stato un bene, in quanto avrebbe potuto risultare controproducente – anche sul piano economico – far infuriare la Cina: basta e avanza la riaffermazione congiunta della centralità dell'alleanza nippo-americana.
Abe è riuscito però a strappare a Obama un riconoscimento importante: la non-necessità che Tokyo si impegni formalmente all'abolizione senza eccezioni delle tariffe prima di unirsi ai negoziati multilaterali per la Trans-Pacific Partnership (Tpp). È stata ammessa l'esistenza di "sensitività" nel commercio bilaterale, in particolare certi prodotti agricoli per il Giappone e certi prodotti industriali (leggi: auto) per gli Usa. Così Abe può sperare di venire incontro agli ambienti industriali senza provocare la rivolta della lobby agricola. Per la Keidanren (la Confindustria nipponica) è essenziale che Tokyo sposi la Tpp perché il Paese non resti isolato, tanto più dopo che Ue e Usa hanno deciso di avviarsi verso un free trade agreement.
Ma Abe non può permettersi di scontentare la base rurale del partito, tanto più in vista delle elezioni di luglio per il rinnovo parziale della Camera Alta. L'inserimento del passaggio sulle "sensitività" americane viene incontro alle pressioni esercitate sul presidente Obama dalla lobby dell'auto. Il presidente di Ford Americas, Joe Hinrichs, gli aveva chiesto di «lanciare un messaggio chiaro secondo cui ogni futura politica commerciale con il Giappone debba assicurare un giusto piano competitivo». Hinrichs aveva sottolineato che meno del 4% delle vendite di autoveicoli in Giappone fa capo a marchi stranieri a causa di barriere non tariffarie, e che le imprese Usa non dovrebbero essere penalizzate da interventismi dei governi sulle valute.
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RILANCIO A OGNI COSTO
Banca centrale più aggressiva
Ieri lo yen è sceso ai livelli più bassi dal maggio 2010 sul dollaro per le indiscrezioni secondo cui il 19 marzo diventerà governatore della BoJ Haruhiko Kuroda (nella foto sopra), un esperto diplomatico, già alto funzionario delle Finanze e dal 2005 presidente dell'Asian Development Bank: un personaggio autorevole che da anni critica la Banca centrale per la sua timidezza nel combattere la deflazione. Con lui al timone dunque la Banca centrale potrebbe varare politiche di stimolo ancora più aggressive di quelle già messe in atto
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