Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2013 alle ore 18:36.

My24

Con un Parlamento frammentato e ingovernabile, ogni giorno guadagnato nella ricerca della stabilità politico-costituzionale può consentire di preservare innanzitutto i grandi sacrifici affrontati dagli italiani, per fare fronte alla crisi economica, in questo anno e mezzo di governo tecnico. Tuttavia, anche in questa situzione, nulla è lasciato al caso nel nostro ordinamento e vi sono - o sono state definite, come correttamente è previsto - delle regole ben chiare.

La prima di esse è una previsione normativa che si ritrova direttamente in Costituzione, in particolare all'articolo 61, comma 1, laddove si prevede che «la prima riunione delle Camere ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni». Il secondo vincolo normativo da considerare è quanto è stato previsto dal decreto presidenziale di convocazione dei comizi elettorali del 22 dicembre 2012, n. 226 che ha fissato, appunto, al 15 marzo la data della prima riunione delle Camere, data antecedente il vincolo dei venti giorni previsto.

Dunque, laddove si avesse intenzione di intervenire per ridurre il tempo della costituzione delle Camere -come forse sarebbe più che opportuno per superare le incertezze dell'instabilità che si riverberano sulla nostra economia attraverso l'andamento dei mercati e della borse mondiali - e quindi favorire un più rapido assorbimento dell'instabilità naturale (o anche provocata) dall'assenza di un Parlamento pienamente costituito (e conseguentemente pure di un governo potenzialmente nel pieno dei suoi poteri), cosa si dovrebbe fare?

La Costituzione, in realtà stabilisce esclusivamente un termine ad quem, ma non un termine iniziale, sicché non vi sarebbe alcun problema costituzionale nell'intervenire; bisognerebbe esclusivamente modificare il decreto presidenziale di indizione dei comizi elettorali, il n. 226 del 22 dicembre 2012, fissando, senza alcun problema dal punto di vista delle fonti del diritto, una nuova data, antecedente al 15 marzo.

Si tratterebbe quindi di porre in essere un nuovo decreto presidenziale, emanato in ragione della proposta formulata dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro dell'interno e deliberata del Consiglio dei Ministri, che modifichi il precedente decreto presidenziale, fissando una data più ravvicinata. Insomma, un atto normativo analogo al precedente nella forma ma, evidentemente, differente nel suo contenuto.

Spetterebbe dunque all'attuale governo in carica la proposta, ossia al dimissionario governo Monti, mentre tuttavia rimarrebbe intangibile la titolarità dell'atto in capo al Presidente della Repubblica, posto che il dettato costituzionale dell'art. 87 affida, appunto, al Presidente della Repubblica l'indizione delle elezioni delle nuove Camere e la fissazione della prima riunione delle stesse.

Dunque è possibile. D'altronde, la sfida moderna che la velocità del tempo impone oggi al diritto è sempre più una costante alla quale gli ordinamenti non possono sottrarsi. A maggior ragione oggi, di fronte ad una potenziale instabilità politica.

Reagire quindi con intelligenza e velocità, anticipando la prima riunione delle Camere, è già un primo passo per evitare che questo Paese subisca pesanti danni collaterali, in ragione della sua instabilità politica, figlia di un sistema elettorale decisamente criticabile, e di un bicameralismo piucchéperfetto del tutto antistorico, di cui sarebbe opportuno liberarsi quanto prima.

Twitter@ClementiF

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi