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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2013 alle ore 17:21.

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La legittimazione dei matrimoni gay fa bene al business. La Corporate America e soprattutto le aziende dell'hi-tech hanno preso posizione su una questione sociale e culturale scottante negli Stati Uniti: tra oggi e domani hanno deciso di presentare alla Corte Suprema due cosiddette "amicus brief", opinioni di parti interessate, su una coppia di casi sulla legittimità delle unioni omosessuali che la massima autorità giudiziaria e costitutizionale statunitense discuterà a fine marzo. In tutto oltre 200 azienda si sono schierate.

Tra i firmatari delle "petizioni" legali a sostegno del gay marriage si contano protagonisti tecnologici quali Apple e Facebook, eBay e Amazon, Microsoft, Google e Intel. Oltre a nomi di aziende più tradizionali quali Nike, Starbucks, Pfizer, Morgan Stanley e Citigroup. Anche società guidate da esponenti repubblicani, quali la Hewlett-Packard di Meg Whitman, si sono espresse a favore delle unioni omosessuali. La Whitman in passato era stata contraria, ma oggi al suo fianco 80 leader repubblicani hanno sottoscritto un loro documento a sostegno del matrimonio gay. La Chamber of Commerce, l'associazione che raccoglie il maggior numero di imprese nel paese, non ha da parte sua preso una posizione ufficiale.

Nel testo preparato per la Corte si sottolineano preoccupazioni di business oltre che di diritti civili: la messa al bando del matrimonio gay crea serie difficoltà alle imprese sia nell'assumere che nel trattenere personale di valore, alimentando discriminazioni e spingendo dipendenti e recarsi altrove e anche all'estero per godere di migliori benefit.

I due casi arrivati alla Corte Suprema, più in dettaglio, sono un ricorso contro la Proposition 8 nello stato della California, che dal 2008 vieta il matrimonio gay, e un secondo ricorso contro la legge nazionale in difesa del matrimonio tradizionale, il Defense of Marriage Act (Doma), che definisce come matrimonio unicamente l'unione tra un uomo e una donna. La Corte Suprema dovrebbe prendere in considerazione i casi il 26 e 27 marzo. Gli avvocati che rappresentano le aziende hanno indicato che simili norme costringono le società a comportamenti discriminatori, ad esempio in termini di piani sanitari o pensionistici, in contravvenzione ad altre leggi sull'uguaglianza dei diritti e alle loro stesse politiche interne. Creano inoltre enorme confusione a livello nazionale, perchè una dozzina di stati ormai autorizza o riconosce formalmente il matrimonio gay. Il Doma, in particolare, "richiede che i datori di lavoro trattino un dipendente diversamente da un altro quando sono entrambi sposati legalmente", si legge nel documento. Il testo preparato da molte aziende hi-tech per il caso californiano è ancora più aggressive. La Proposition 8 "invia un chiaro segnale che le coppie dello stesso sesso sono in qualche modo inferiori, un anatema per chi difende l'impegno all'uguaglianza e a un giusto trattamento per tutti". Ancora: "Potenziali dipendenti potrebbero rinunciare a lavorare in California e preferire altri stati o altre nazioni (Spagna, Svezia, Danimarca, Olanda, Portogallo o Belgio) dove possono essere sposati e ottenere eguale trattamento e rispetto sotto la legge".

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