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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2013 alle ore 17:30.

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A Cipro servono 17,5 miliardi di euro di aiuti pari al 100% del Pil ma intanto cresce il timore che, per avere i soldi dalla Ue, Nicosia debba accettare possibili interventi sulle banche cipriote, un'eventualità che ha già provocato una fuga dai depositi dei non residenti. A gennaio, secondo i dati più recenti della Banca Centrale di Cipro, il deflusso è salito a 1,73 miliardi di euro: in un mese quindi gli istituti dell'isola hanno registrato un calo del 2,5% dei depositi, da 70,1 a 68,4 miliardi di euro.

Circa un terzo del totale delle somme depositate nelle banche cipriote sono di non residenti, soprattutto privati e società russe e britanniche che apprezzano la tassazione molto bassa e una legge sul riciclaggio poco severa. Nicosia attende con ansia il varo di un programma di aiuti per 17,5 miliardi di euro, una somma relativamente ridotta rispetto a quella impegnata nelle crisi di Grecia (240 miliardi), Irlanda (85 miliardi) e Portogallo (78 miliardi) ma tuttavia pari al Pil cipriota. Nel suo piccolo Cipro e i suoi politici hanno provocato un "buco" nei conti di tutto rispetto per un Paese che conta appena lo 0,2% del Pil dell'Eurozona. Le banche cipriote da sole hanno un buco di 10 miliardi di euro, di cui 4 miliardi relativi alla ristrutturazione del debito greco che ha pesato sui conti degli istituti di credito di Nicosia come una mazzata.

Alcuni paesi della zona euro, come la Germania e la Finlandia, insistono sul fatto che i titolari di depositi e gli investitori sopportino parte del peso del piano di salvataggio, così come avvenuto sulla ristrutturazione del debito greco che ha visto perdite per 100 miliardi di euro per i detentori dei bond ellenici. Una mossa devastante decisa dalla Merkel e Sarkozy al vertice di Deauville in Normandia che invece dicolpire il "moral hazard" ha provocato per qualche tempo la fuga degli investitori dai bond dei paesi periferici dell'eurozona, approfondendo la crisi europea. Moody's in suo recente rapporto prevede perdite al settore privato detentore di bond sovrani anche nel caso di Cipro con una probabilità del 50%. Intanto il neo-eletto presidente, il conservatore Nicos Anastasiades, teme il ripetersi dell'esperienza greca e si oppone a qualsiasi haircut (taglio) sui conti correnti o bond ipotizzando che una tale mossa potrebbe innescare una fuga dalle banche dell'isola con conseguenze destabilizzanti per l'intera economia dell'isola e dell'eurozona.

Al termine del ballottaggio di domenica scorsa l'avvocato Nicos Anastasiades, 66 anni, leader della formazione di centrodestra Unione Democratica (Disy) è stato eletto nuovo presidente della Repubblica di Cipro con il 57,47% delle preferenze. Il suo avversario, Stavros Malas, candidato indipendente in corsa con l'appoggio dei comunisti di Akel, ha ottenuto il 42,53% dei suffragi. Le elezioni presidenziali cipriote, di fatto un referendum sull'accettare o meno le misure di austerity richieste dalla Ue per salvare l'isola dalla bancarotta, hanno visto dunque la vittoria del candidato (molto vicino alla Merkel) sostenitore del piano di salvataggio da 17,5 miliardi di euro. Tra le priorità  del nuovo presidente, un piano per risolvere la crisi economica che attanaglia Nicosia, che fa parte dell'Eurozona dal giugno 2012. Per l'Unione europea, il Pil dovrebbe registrare una contrazione del 3,5% per il 2013 dopo un calo del 2,3 lo scorso anno, e prevede che la recessione continuerà  fino al 2016. Dopo il voto italiano anti-austerity forse le richieste tedesche e finlandesi, sul fatto che i titolari di depositi e gli investitori sopportino parte del peso del piano di salvataggio per Cipro, potrebbero affievolirsi. Ma nel dubbio intanto è scattata la fuga dalle banche di Nicosia. E la crisi si avvita.

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