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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 16:42.

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Fine dell'Emergenza Nord Africa. Il 28 febbraio si è chiuso il piano con cui l'Italia dal luglio 2011 ha accolto i circa 28mila profughi in fuga dalla Libia devastata da bombe e guerra. Un'emergenza costata alle casse pubbliche quasi un miliardo di euro (su 1,3 stanziati), con cooperative, ONG e centri diocesani che hanno percepito 45 euro al giorno (più di 1200 euro al mese) per ogni richiedente asilo assegnato alle loro strutture. Al momento della chiusura, il 28 febbraio, soggiornavano ancora nei centri 13mila ospiti che oggi, fatta eccezione per i "soggetti vulnerabili" (malati, donne e minori non accompagnati), sono tutti fuori.

In viaggio o bloccati nelle città a domandarsi cosa fare. Il Governo ha aspettato il 19 febbraio per regolare la exit strategy, quando, con una circolare, ha assegnato ad ognuno di loro 500 euro di buona uscita e un permesso di viaggio. I soggetti vulnerabili vengono invece accolti nella rete Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) con un altro stanziamento di altri 2,5 milioni di euro.
Ma la chiusura dell'Emergenza Nord Africa ha subito sollevato numerose preoccupazioni. Comuni ed enti locali hanno già protestato. Il timore è che i 13mila profughi usciti dai centri finiscano ora in carico ai servizi sociali.

Secondo Oliviero Forti, responsabile della Caritas italiana migranti, la vera emergenza inizia adesso. «Già in questi primi giorni assistiamo a un fenomeno di ritorno. Molti dei rifugiati stanno tornando a bussare alle nostre porte per chiederci aiuto. Non sanno dove andare, cosa fare. Cooperative, Caritas e Anci dovranno organizzarsi presto per prendersi di nuovo cura di queste persone». Il suo bilancio dell'Emergenza Nord Africa è negativo. «È stata spesa una somma ingente che poteva essere veicolata in tanti modi, anche per preparare i profughi al momento dell'uscita. Invece è mancato un coordinamento. Sono cambiati i governi, le decisioni sono state rimandate e alla fine ha prevalso l'immobilismo».

La pensa allo stesso modo Laurens Jolles, delegato per il sud Europa dell'Unhcr: «C'è stato un primo controllo all'inizio dell'emergenza, per verificare che le condizioni di accoglienza fossero adeguate, poi però è mancata un'azione di monitoraggio costante. Questo ha portato a degli standard molto disomogenei e a situazioni critiche». Il piano scatta nel luglio 2011. Il Governo lo affida alla Protezione Civile che a sua volta nomina per ogni regione dei responsabili (i "soggetti attuatori"). Il GMA (Gruppo di Monitoraggio sull'Accoglienza) che la Protezione Civile aveva predisposto, è rimasto attivo solo per i primi quattro mesi. La situazione è diventata presto caotica e casi di sprechi e di male gestione sono iniziati ad affiorare in tutta Italia.

Per molti gestori di strutture improvvisate, il piano di accoglienza dei profughi si è così trasformato in un business. I 25mila euro all'anno che lo Stato ha versato per ogni richiedente asilo erano destinati, oltre che per vitto e alloggio, al lavoro di assistenti sociali, avvocati, mediatori linguistici e culturali che nei centri dovevano affiancare i giovani subsahariani, guidarli nel labirinto culturale e burocratico del nostro paese e aiutarli a uscire dal mero assistenzialismo. Ma poi, nella realtà, non sempre è andata così. Soprattutto dove è mancata la vigilanza dei responsabili regionali. E insieme ad associazioni e strutture d'accoglienza che hanno garantito servizi e personale professionalmente preparato, altri centri hanno organizzato corsi di lingua italiana raffazzonati, nominato finti mediatori culturali e, a volte, lasciato i profughi in condizioni igienico-sanitarie gravemente carenti.

Inoltre, chi oggi volesse controllare come i soldi gestiti dalle strutture sono stati spesi, non può farlo. All'appello mancano ancora le rendicontazioni, che in molti casi non sono state depositate o depositate in modo parziale. Bisognerà riparlarne dopo giugno 2013, data ultima per la loro consegna.
Il caso delle Marche è utile per capire alcuni meccanismi dell'Emergenza Nord Africa. Qui si è lavorato molto alla prima accoglienza dei 597 profughi arrivati, ma in modo scarso e lacunoso ai controlli successivi. Ai responsabili dei centri non sono state richieste le rendicontazioni dove rintracciare, voce per voce, i servizi erogati. E non sono stati esaminati i curricoli del personale assunto, né sono state fatte ispezioni approfondite nei vari centri.

«Noi ci siamo fidati delle associazioni con cui abbiamo stipulato le convenzioni. Sono loro che si sono impegnate a garantire i servizi», spiega Giovanni Rossini, responsabile regionale della Protezione Civile per l'Emergenza Nord Africa. È successo così che alcune ONG hanno fornito un servizio molto professionale, come nel caso del Gus, che ha organizzato corsi di formazione e incontri costanti con etnopsicologi per i suoi 300 profughi. Mentre altra sorte è capitata ai 40 richiedenti asilo destinati all'Hotel Lori, un ex albergo di Senigallia oggi centro di accoglienza. La struttura si è vista stanziare 320mila euro, ma fino a gennaio non ha assunto nessun mediatore culturale qualificato e per mesi ha latitato anche l'assistente sociale. I richiedenti asilo, frastornati e spesso psicologicamente fragili, si sono interfacciati solo coi gestori dell'ex albergo, un nucleo familiare privo di specifiche qualifiche per l'accoglienza dei profughi.

Si sono così accumulate tensioni. A gennaio alcuni ospiti hanno quasi aggredito una delle responsabili e sono stati allontanati dalla Prefettura. Mohamed, un giovane nigerino, è rimasto invece fino all'ultimo all'Hotel Lori. Oggi è in viaggio verso il nord e tiene stretti i suoi 500 euro. «Sono stati mesi molto difficili, ma ora basta, guardo avanti. Prima di partire ho salutato i miei amici, abbiamo fatto una cena tutti insieme. Ora punto verso Bologna e poi ancora più a nord. Cerco un lavoro. Non so bene dove andrò a finire», racconta. La speranza è che riesca a farsi una vita propria. Senza finire a dormire all'addiaccio, o curvo su un campo a raccogliere pomodori per pochi euro al giorno.

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