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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2013 alle ore 16:43.

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Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presidente Giampaolo Guglielmo, a latere Luigi d'Angiolella, ha rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare per Nicola Cosentino, avanzata dai legali Stefano Montone e Agostino De Caro. Cosentino è sotto processo per concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Ad annunciare il rigetto, il presidente Guglielmo alla fine dell'udienza odierna del processo imperniato sulle vicende dell'infiltrazione dei Casalesi negli appalti dello smaltimento rifiuti attraverso il consorzio Eco4. L'ex sottosegretario all'Economia era in aula. Giovedì saranno depositate le motivazioni del collegio giudicante. I pm avevano espresso parere negativo.
Cosentino, se l'ordinanza non venisse revocata successivamente dal Riesame, potrebbe essere arrestato pertanto nel momento in cui decade dalla carica di deputato, ovvero quando si insedia il nuovo Parlamento.

Le motivazioni dei pm
Il fatto che non sia stato ricandidato conta poco: in vent'anni di attività politica Nicola Cosentino ha accumulato potere e stretto amicizie, dunque potrebbe comunque adoperarsi per favorire il clan dei casalesi e reiterare i reati già commessi. Con due relazioni dai toni durissimi i pm Antonello Ardituro e Alessandro Milita dicono "no" alla revoca delle ordinanze di custodia cautelare nei confronti dell'ex sottosegretario all'economia, chiesta dalla difesa al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Se i collegi davanti ai quali sono in corso i processi (uno già in fase avanzata, l'altro ancora agli inizi) accoglieranno il parere della Procura, le due misure cautelari non saranno revocate e Cosentino dovrà dunque andare in carcere.
Due le ordinanze emesse nei confronti dell'ex parlamentare: la prima dal gip Raffaele Piccirillo, per concorso esterno in associazione camorristica; la seconda dal gip Egle Pilla, per reimpiego illecito di capitali e corruzione aggravati dall'aver agito per agevolare il clan dei casalesi.

Numerosi gli argomenti indicati dai pm per segnalare ai giudici la pericolosità di Cosentino: dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia alla parentela con esponenti della camorra, dal dossier contro Stefano Caldoro per evitarne la candidatura alla Regione alla rete di consensi di cui l'imputato gode tra sindaci e consiglieri comunali della Campania per averli scelti a suo tempo come candidati. Nonostante Nicola Cosentino non sia più deputato, scrive per esempio il pm Ardituro, il suo potere relazionale «è ancora intatto e l'imputato è in grado di utilizzarlo in maniera spregiudicata a vantaggio della camorra. Potrebbe reiterare i reati presentandosi ad altre e future campagne elettorali; potrà poi essere destinato a ricoprire incarichi privati o pubblici (es. consigli di amministrazione, direzioni generali di enti pubblici, a partecipazione pubblica o privata in settori strategici dell'economia) per mezzo dei quali sarebbe ulteriormente aggravato il pericolo di recidiva di fatti illeciti».

La replica dei difensori di Cosentino
Ai pm replicano, con toni altrettanto duri, i difensori di Cosentino, avvocati Agostino De Caro e Stefano Montone: «Entrambe le originarie ordinanze fondavano la presunzione di pericolosità soggettiva su elementi specificamente ed inequivocabilmente indicati dai magistrati: il ruolo di sottosegretario, il ruolo di coordinatore regionale del Pdl, il ruolo di parlamentare. Evidentemente oggi, e per la prima volta, l'asticella viene collocata ancora più in alto, nel tentativo di imporre a Cosentino ( che non ricopre più alcuna di quelle funzioni istituzionali e di partito) una prova liberatoria diabolica, che soltanto la perdita della vita potrebbe assicurare, non essendo mai possibile escludere, in natura, che un qualsivoglia soggetto ponga in essere nel futuro comportamenti penalmente rilevanti».

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