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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2013 alle ore 17:45.

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«Oggi le persone esigono qualcosa di diverso dai loro leader, da chi li rappresenta. Rispetto al passato, la conversazione è diventata cruciale: i cittadini vogliono che sia data loro l'opportunità di porre domande, di commentare, di rispondere, di avere voce nel dibattito». Parola di Elizabeth Linder, californiana trapiantata a Londra dal 2011, un passato in Youtube e da quattro anni in Facebook con un compito preciso: dare consigli sull'uso dei social media a politici, agenzie governative, istituzioni, think tank e organizzazioni della società civile in Europa, Medioriente e Africa.

Una stratega della comunicazione pubblica globale. Linder di passaggio a Roma per un incontro promosso dall'ambasciata americana, in collaborazione con "Social Innovation Society" e "Se non ora quando", per sviscerare un tema quanto mai attuale: l'interazione tra social media e leadership nel 21° secolo. Nessun riferimento alla confusa situazione italiana post-elettorale o al fenomeno Grillo, ma tante indicazioni utili a decifrare un pianeta che parte dei nostri connazionali pare scoprire soltanto adesso.

«Io vedo Facebook e la comunicazione pubblica come un grande esperimento», premette la "politics and government specialist". «Se fosse un Paese Facebook sarebbe il terzo più grande al mondo per quantità di popolazione e l'82% degli utenti non risiede negli Stati Uniti. Ogni giorno vengono caricati 300 milioni di foto. È chiaro che tutti i social media – Facebook, Twitter, YouTube - spingono a nuovi modi di interagire con i leader».

Quali? Linder individua tre vettori che, a suo dire, caratterizzano la presenza di un rappresentante pubblico su Facebook: trasparenza, accesso e autenticità. «Le tecnologie hanno permesso di inserire nel dibattito politico elementi che prima non esistevano. A volte basta poco: molti post di politici servono a condividere il programma delle loro giornate, che è qualcosa che i cittadini vogliono conoscere. Molte immagini non sono formali, ma mostrano il "dietro le quinte", quello che succede a margine. È questo che rende accessibili».

Non prendere sotto gamba il valore del "soft power": è il monito di Linder. «Qualche anno fa – precisa – le persone ne avevano paura, si sentivano spiazzate». Ma poi si sono comprese meglio le potenzialità dei social. «Anche lasciarsi andare un po' è un aspetto affascinante. Voi scrivete un post e arrivano commenti. La possibilità stessa di partecipare alla conversazione sulla pagina Facebook richiede l'abbandono del controllo, ma facilita il dialogo e amplia le possibilità di comprensione». Al punto da avere un impatto diretto sulla vita reale.

«Mi frustra – ammette Linder – quando le pagine Fb dei politici sono considerate e costruite come uno strumento di comunicazione tradizionale. La creatività è ciò che dovrebbe guidare. Non c'è un modello per creare un buon profilo politico, ma bisogna esplorare nuovi territori. Spesso si teme di commettere sbagli, ma dovete pensare, ad esempio, che un errore di giudizio per il quale ci si scusa può essere persino benefico». E poi l'esperta invita a concentrarsi meno sulla quantità di "like" e followers e più sulla qualità degli scambi: «Facebook dà la possibilità di approfondire, di dilungarsi nelle risposte e nei commenti: una conversazione "produttiva" può aiutare a raggiungere molti obiettivi. Io non penso che bisogna essere veloci e brevi per avere valore». Le donne, in questo, sembrano avvantaggiate: «Non sono una ricercatrice ma dalla semplice osservazione di programmi come "Società civile 2.0" del Dipartimento di Stato Usa, per le donne di luoghi diversi del mondo è più naturale porre domande, ascoltare e commentare».

Alla domanda se l'accento sulla conversazione e sull'interazione non rischi di portare a sottovalutare l'importanza dei saperi e delle competenze nella selezione dei leader e dei rappresentanti politici, Linder invita a non guardare questi aspetti come alternativi: «La novità attuale è che la conversazione, il dialogo bidirezionale, è entrata a pieno titolo tra le qualità ammirate in un leader. Si aggiunge alle altre, non le sostituisce». Ridimensiona anche il timore che un "mi piace" possa diventare sostitutivo di un impegno reale: «Gli studi condotti finora mostrano che l'impegno virtuale può aumentare la partecipazione reale».

Si potrebbe facilmente replicare che Linder parla "pro domo sua" ma l'Italia sa che è vero. "Se non ora quando" – lo ha fatto notare Nicoletta Dentico, del comitato promotore Snoq – attraverso il web e i social network ha portato in piazza un milione di persone il 13 febbraio 2011 e la pagina Facebook del movimento è uno spazio di dibattito costante sulla questione femminile. I grillini sono passati dal blog di Grillo e dai MeetUp prima di approdare in 163 in Parlamento con il Movimento 5 Stelle. Da internet alle istituzioni: una rivoluzione annunciata.

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