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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2013 alle ore 06:36.

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«Non posso». Il cancelliere dellio Scacchiere George Osborne s'è presentato con metaforiche manette ai polsi per ribadire l'opposizione britannica al capitolo remunerazione della direttiva Ue che recepisce Basilea 3.

Il no di Londra era tanto atteso quanto è destinato ad essere irrilevante nonostante i Ventisette si siano accordati per affidare ai tecnici un ultimo giro negoziale nella speranza di smussare gli angoli più fastidiosi per la Gran Bretagna. «Spero, se saranno stati fatti progressi, di poter dare il mio sostegno», ha chiosato, in sostanza, il cancelliere che ha incassato un rinvio formale nella consapevolezza dell'assoluto isolamento politico di Londra. In altre parole George Osborne e la City ben sanno che tutto procederà come già definito, salvo eventuali correttivi che però non potranno rivoluzionare la regola del 1 a 1 o al massino - con l'ok degli azionisti - 1 a 2, fra salario e bonus. È un argine che ha mobilitato alcune istituzioni finanziarie già corse negli uffici legali per valutare la fattibilità di un eventuale ricorso.
Improbabili, o quantomeno complesse, battaglie giudiziarie a parte, la City teme che la decisione possa portare banche e banchieri a muovere verso giurisdizioni più clementi, anche se la più clemente di tutte, la Svizzera, si è già mossa lungo la stessa linea di Bruxelles. È improbabile che scatti la diaspora di bankers dal Tamigi, ma le argomentazioni sollevate da George Osborne a Bruxelles e sostenute a Londra sono, per certi versi, condivisibili. «Il tetto ai bonus - ha detto - spingerà la parte fissa della retribuzione all'insù, renderà estremamente difficile recuperare le gratifiche liquidate in caso di cattivo andamento della banca successivamente all'assegnazione». Di fatto, ha argomentato il cancelliere, si deresponsabilizza il banchiere esponendo gli istituti a maggiori rischi, condannandoli alla perdita delle migliori professionalità e all'aumento dei costi, in quanto la compensazione contabile che si profila è l'innalzamento del salario base, slegato dal merito, per mantenere "competitivi" i pacchetti per i traders e i cosiddetti risk takers.
Queste sono le preoccupazioni di Londra per l'Unione tutta e per se stessa in particolare, perché ogni interferenza dell'Ue negli equilibri del settore finanziario è vissuta come una minaccia a un'industria che rimane strategica. Tanto che già si fanno i conti di quanti potranno essere colpiti dalla misura prossima al varo. Analisti immaginano che fra 300 e 500 dipendenti di ciascuna delle maggiori banche, inglesi o straniere, attive a Londra potranno essere colpiti. In tutto circa cinquemila persone. E tanto basta per far dire ai più ruvidi detrattori della riforma che in futuro si guarderà «alla data di oggi per individuare il giorno del declino del banking» nell'Unione europea.
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