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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2013 alle ore 08:48.

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Dovrebbero puntare al ribasso le nuove previsioni sulla crescita e l'inflazione nell'eurozona che la Banca centrale europea presenterà oggi. I mercati finanziari tuttavia non si aspettano che la Bce tagli i tassi d'interesse, dall'attuale 0,75%, semmai sperano che il presidente Mario Draghi dia qualche indicazione verbale nella conferenza stampa del pomeriggio che la mossa non è del tutto esclusa nel prossimo futuro.

Le nuove previsioni ritoccheranno lo scenario descritto da quelle di dicembre, secondo cui l'area dell'euro accuserà una contrazione anche nel 2103 (dello 0,3%) per tornare a crescere (dell'1,2%) nel 2014, mentre l'inflazione scenderà all'1,6% quest'anno (attualmente è all'1,8%) e all'1,4% l'anno prossimo. Il dato dell'inflazione è particolarmente rilevante, in quanto il mandato della Bce è di salvaguardare la stabilità dei prezzi e il suo obiettivo è di tenere l'inflazione "sotto, ma vicina, al 2%". Un ulteriore ribasso nelle previsioni di oggi indicherebbe che l'inflazione si sta allontanando dall'obiettivo e questo potrebbe richiedere una politica monetaria più espansiva, anche se finora Draghi ha sempre sostenuto che è già «accomodante».

Quanto alla crescita, la conferma di ieri che nel quarto trimestre del 2012 l'economia europea si è contratta dello 0,6% e l'attesa che nei primi tre mesi del 2013 solo la Germania, fra i grandi Paesi, imbocchi la strada della ripresa, rafforzano un quadro depresso. Inoltre, per la prima volta il mese scorso la Bce ha segnalato la forza dell'euro come elemento di freno di crescita e inflazione e la situazione non è nel frattempo migliorata.

All'interno del consiglio della Bce, di cui fanno parte i sei consiglieri esecutivi di base a Francoforte e i 17 governatori dei Paesi della moneta unica, ci sono molte perplessità sul fatto che anche un taglio dei tassi raggiunga l'obiettivo, in quanto la politica monetaria sta faticando a trasmettersi proprio ai Paesi che ne hanno più bisogno, come Italia e Spagna: secondo dati della stessa Eurotower, le banche infatti non prestano all'economia reale (la cui domanda di credito peraltro è minima), e comunque non alle condizioni più favorevole che derivano dai tassi di rifinanziamento più bassi della Bce. I maggiori benefici finirebbero con ogni probabilità alle imprese tedesche. Il problema più grave è il credito alle piccole e medie imprese. Draghi sostiene che la Bce ha in parte già risposto, concedendo alle banche di consegnare i propri prestiti alle imprese come collaterale per avere liquidità, ma di non poter imporre alle banche di fare impieghi alle imprese e alle famiglie. Anche la strada del "funding for lending", intrapresa dalla Banca d'Inghilterra, che condiziona la concessione di liquidità alle banche all'impiego delle risorse in prestiti all'economia reale, non convince. E del resto i dati più recenti provenienti dalla Bank of England mostrano risultati molto insoddisfacenti.

La Bce sarà inoltre preoccupata di non dare l'impressione che una sua mossa venga letta come una risposta alle difficoltà politiche in Italia e alla conseguente paralisi decisionale dopo le elezioni. Draghi ha ripetuto più volte che la Banca centrale non può sopperire con la sua azione all'inazione dei Governi sul fronte del risanamento dei conti pubblici e delle riforme strutturali e che sono queste il principale strumento per il rilancio della crescita.

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