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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2013 alle ore 07:10.

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I ministri dell'Unione europea hanno infine ceduto di fronte alla netta opposizione dei Paesi nordici e non solo. Così giovedì la decisione sulla caduta delle barriere alla libera circolazione di rumeni e bulgari all'interno dello spazio Schengen a partire dal 1°gennaio 2014 è stata rinviata. Come minimo di qualche mese.

Portabandiera di un malumore diffuso sono state Germania, Finlandia e Olanda. La Germania, dove è in corso la campagna elettorale per la Cancelleria e si vota il 22 settembre, non è stata tenera di fronte alla temuta ondata di nuovi immigrati. Nel dibattito è intervenuto anche il ministro dell'Interno, Hans-Peter Friedrich, annunciando – in un'intervista – che Berlino avrebbe detto no, per due ragioni: il rischio che attraverso Romania e Bulgaria possano arrivare cittadini extra Ue senza adeguati controlli, a causa del livello ancora alto di corruzione a Sofia e Bucarest; il timore di un'ondata di migrazione di persone non intenzionate a lavorare ma solo a ricevere i benefici del welfare.

Immigrazione povera. I tedeschi più critici la chiamano "immigrazione della povertà". E a dar voce alle incognite con cui si confronta lo stato sociale made in Germania è stata l'associazione dei comuni, qualche settimana fa: «Senza aiuti federali non saremo in grado di sostenere le spese legate all'immigrazione».

Eppure già oggi nel Paese possono entrare rumeni e bulgari per svolgere attività libero professionali o avviare piccole imprese. Nel Paese vivono attualmente 200mila rumeni e 120mila bulgari. E il loro tasso di disoccupazione, in un'isola felice per il lavoro, non è superiore alla media. Il vero problema sono i rom e tutti i lavoratori privi di specilalizzazione. A chi tocca sborsare sussidi e spese per scuole e sanità? Finora, rincarano la dose i contrari alla rimozione delle barriere, le autonomie locali sono state lasciate sole.

Il caso polacco. Dall'altra parte, il Governo federale sottolinea che quando un'analoga barriera cadde, nel 2012, per i polacchi non arrivarono di colpo ondate bibliche da Varsavia. Il dibattito, secondo i media tedeschi, rischia di scadere nella propaganda, alimentata da esigenze elettorali. E ricorda, ha notato Der Spiegel, il cliché dell'idraulico polacco del 2004, l'anno dell'allargamento dell'Unione a Est.

In cerca di manodopera. E dire che la Germania, con un tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, tra i più bassi d'Europa per riempire le sue posizioni lavorative vacanti, conta anche sulla manodopera straniera. Le offerte di posti sono sopra quota 800mila, e per compensare l'invecchiamento della popolazione si stima che il motore tedesco avrà bisogno di coprire dall'estero circa mezzo milione di posizioni altamente specializzate dal 2015 in poi. Già oggi l'immigrazione dal Sud dell'Europa in crisi si è intensificata: se nel 2011 il saldo netto migratorio ha registrato +216% dalla Polonia, la Grecia ha messo a segno un impressionante +1.245 per cento. Con l'Italia che ha superato i temuti polacchi (+217%).

Ma si tratta, per lo più, di lavoratori specializzati. Immigrati di cui Berlino ha bisogno, considerando che in cima alle offerte di lavoro nei land spiccano ingegneri e addetti alla raccolta dati.

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