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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2013 alle ore 14:42.

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Com'è naturale, il tramonto (?) del mitico Barca è stato in queste settimane al centro del chiacchiericcio calcistico. Resta da capire quanto gli evidenti segnali di logorio, culminati con tre sconfitte, una col Milan e due con il Real, dipendano dalla fisiologica fine di un ciclo o da una sommatoria di eventi riparabili nel tempo che hanno condizionato la squadra catalana.

Il doppio cambio di guida tecnica, l'uno dipeso da gravi motivi di salute, ha certo inciso su un gruppo sorto da un identico nido, la cantera, che fa del collettivo la condizione necessaria per l'esaltazione delle abilità dei singoli. A ciò si aggiungano le precarie condizioni e i malanni fisici accusati da Piqué, Xavi, Iniesta, vera cerniera del gioco blaugrana, gli equivoci circa l'impiego di Villa e Sanchez e la banale constatazione che anche in campi ben coltivati calcisticamente, i fuoriclasse non spuntano ogni giorno.

Al netto di stroncature di un gruppo che ha scritto una pagina della storia del football e d'irrisione del tiki taka (c'è chi ha sprecato libri e carta in proposito), pare più logico attendere la fine stagione che comunque si concluderà, a meno di clamorosi capovolgimenti, con l'ennesimo trionfo nel campionato spagnolo.

Proprio in coincidenza con le avverse sorti dei catalani, è tornato in auge l'argomento del campionato italiano come il più difficile del mondo, frutto di una diffusa sapienza tattica che rende ogni incontro aperto a qualsiasi risultato. Mettiamo pure nel carniere la grande scuola dei nostri allenatori, tra i più chiamati oltre i propri confini, di disporre con acume le squadre in campo. Resta tuttavia da capire se tutto ciò produca bel gioco o se l'esasperato tatticismo rischi di sfociare nell'equilibrio verso il basso.
Gli incontri tra Torino e Palermo o tra Sampdoria e Parma dell'ultimo turno di campionato sono un esempio illustre di annullamento reciproco. Nulla da dire su «come erano ben disposte le squadre in campo», incipit di ogni dopo partita, molto da eccepire sulla qualità dello spettacolo offerto.

Se dai quartieri bassi e mediani si sale al vertice, anche il recente scontro tra Napoli e Juve non ha offerto gesti tecnici da ricordare. Non a caso le dissertazioni dopo la sfida hanno riguardato in esclusiva testate e strappi di ciocche di capelli tra atleti sull'orlo di una crisi di nervi. Il legittimo sospetto è che ormai la partita in moviola sia il vero piatto di portata per eccitare gli animi dei tifosi e il gioco un contorno. Per restare in tema di metafore culinarie, anche le tv a pagamento, detentrici del monopolio delle dirette, per ragioni di bottega annunciano pretenziosi piatti di portata, ma sotto i coperchi c'è una minestrina sciapa e qualche patata bollita.

Al di sopra d'ogni menzogna, resta comunque, consolatorio, il fatto che alla fine sono proprio i valori tecnici a fare la differenza. Come dimostrano i numeri. Nel girone di ritorno la squadra che ha fatto più punti è il Milan (18) seguito dalla Juve (15), dal Napoli (14), dall'Inter (12), dalla Fiorentina (10) e dalla Lazio (8). Se si considera l'ultimo terzo di campionato, dallo scontro diretto Juve- Milan del novembre 2012, i punti di differenza a vantaggio dei rossoneri (33) sono sei sulla Juve (27): a seguire Napoli (26), Lazio (20), Inter (19), Fiorentina (18).

Non a caso da un terzo di campionato e dopo un disastroso avvio, è il Milan la squadra che esprime il miglior gioco d'attacco, fatto di tecnica e velocità, così come la Juve, nonostante qualche fisiologica battuta a vuoto, resta il gruppo più solido e armonico e con il miglior direttore d'orchestra, Aladino Pirlo.
La classe conta, eccome. Dice il mitico Carletto Mazzone che la tattica è il pane dei poveri e la tecnica il pane dei ricchi: quando manca la tecnica devi ricorrere alla tattica, quando sei padrone della tecnica, puoi rinunciare alla tattica. Se hai la fortuna di avere entrambe le cose diventi un campione. Come dar torto a sor Carletto?
Buon campionato a tutti.

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