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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2013 alle ore 16:03.

SIENA. Nessuna telefonata con i vertici di Banca Mps nelle ultime ore di vita di David Rossi. «Ero in aereo e non l'ho sentito per tutta la giornata», puntualizza l'amministratore delegato Fabrizio Viola. Anche il presidente Alessandro Profumo, che mercoledì era a Milano, spiega di non averci parlato. «Nego anche che David fosse stato messo sotto accusa per la vicenda della fuga di notizia sull'azione di responsabilità decisa dal consiglio d'amministrazione - aggiunge Viola - e rigetto con sdegno qualsiasi illazione sulla volontà di rimuoverlo dall'incarico, o addirittura su contatti con società di cacciatori di testa in merito a questo: sono tutte falsità».
Parole molto nette, che non lasciano spazio a interpretazioni. La risposta al perchè il responsabile della comunicazione di Banca Mps abbia deciso di gettarsi mercoledì sera dalla finestra del suo ufficio a Rocca Salimbeni, potrebbe però non essere lontana. I magistrati della Procura di Siena hanno affidato alla polizia postale i file del computer, gli altri strumenti informatici e le schede telefoniche dei cellulari (7 in tutto) trovati nella stanza e a casa del responsabile della comunicazione di Banca Mps. Per il pubblico ministero Nicola Marini, affiancato dai tre colleghi titolari dei filoni d'inchiesta sulla vecchia gestione del gruppo (vedere altro servizio), quella di ieri è stata una giornata di lavoro senza soste. L'ipotesi del suicidio resta l'unica agli atti e l'acquisizione del video registrato dalla telecamera di sorveglianza che inquadra la parte bassa del vicolo dove è caduto Rossi confermerebbe l'ora (tra le 20,10 e le 20,30) e le modalità dell'impatto sul selciato, avvenuto di schiena. Lo schiacciamento del torace ha provocato la morte, come risulta dall'autopsia del professor Mario Gabbrielli. Per i risultati degli esami di laboratorio, invece, occorrerà aspettare almeno una settimana.
Il suicidio come unica ricostruzione credibile. Resta da verificare la pista investigativa che porta a configurare il reato d'induzione, legato alle pressioni dirette e indirette che il giornalista potrebbe aver subito, in aggiunta al clima di caccia alle streghe che ormai opprime Siena e allo stillicidio di notizie, vere e meno vere, ai pettegolezzi e alle malignità che da tempo viaggiano sulla carta o via etere. In questo senso, sarà determinante proprio la ricostruzione delle ultime telefonate fatte e ricevute da Rossi nei momenti che hanno preceduto il suo gesto. Anche in questo caso, le uniche conferme possono arrivare dai magistrati, che ieri hanno sentito Viola, dopo che giovedì avevano ascoltato Profumo (vedere altro servizio), entrambi come persone informate sui fatti.
Sono almeno quattro le ipotesi speculative che circolano in queste ore sui possibili motivi di preoccupazione che avrebbero messo in difficoltà Rossi: le prime due riguardano il timore di perdere il lavoro e la fuga di notizie sull'azione di responsabilità nei confronti dei vecchi vertici della banca, l'ex presidente Giuseppe Mussari, l'ex direttore generale Antonio Vigni, e verso le banche d'affari Nomura e Deutsche bank. Ma siccome Viola smentisce con forza qualsiasi intenzione e dunque pressione in tal senso, sono strade che possono solo portare a guardare in altra direzione.
Il terzo filone speculativo riguarda tutto il fronte d'indagine sul sistema di potere locale legato al sodalizio con Mussari e con l'ex sindaco Franco Ceccuzzi, che comprende le inchieste sul cosiddetto "gruppo della birreria" e sui finanziamenti al pastificio Amato. È possibile che Rossi rileggesse in chiave critica la storia recente di Siena. Infine, come quarto elemento di pressione, c'è la sfera personale. Si tratta di un terreno che, pur intrecciando le vicende politiche e di lavoro, attiene alla stretta privacy. E tale deve rimanere. A meno che proprio da questo fronte siano arrivate pressioni, anche indirette, tali da mettere a rischio la tenuta psicologica di un uomo riservato e sensibile come il capo della comunicazione del Montepaschi.
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