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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2013 alle ore 11:51.

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L'assillo dei debiti, situazione economica personale spesso in dissesto, e la paura della disoccupazione, ma anche pessimismo sul ruolo dei partiti, poca fiducia nel prossimo e "fuga" nella cerchia degli affetti familiari come ultima diga ai disagi della vita. È quanto registra, in sintesi, il primo Rapporto Bes, benessere equo e sostenibile, messo a punto da Istat e dal Cnel, da cui emerge l'immagine di un italiano medio infelice. Nella classifica 0-10 della fiducia, gli italiani mettono agli ultimi posti i partiti politici (2,3 il voto medio) seguito dal Parlamento (3,6), le amministrazioni locali (4) e la giustizia (4,4).

Occasioni perdute e "grave deprivazione" in crescita
Alla base della grave sfiducia nelle istituzioni che si è sviluppata tra i nostri connazionali, le molte occasioni perdute degli ultimi anni, e l'aggravarsi della crisi economica: tra il 2010 e il 2011, l'indicatore della "grave deprivazione" è salito infatti dal 6,9% all'11,1%. In altre parole, 6,7 milioni di persone sono in difficoltà economiche, con un rialzo di 2,5 milioni in un anno. Si tratta di individui in famiglie con 4 o più sintomi di disagio in un set di 9 registrati dal rapporto Bes.

Lo spettro della disoccupazione
Crisi economica vuol dire (anche) disoccupazione. Secondo le stime di contabilità nazionale, rivela il rapporto presentato oggi alla camera alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, «la percentuale di occupati irregolari sull'occupazione totale, che si era andata riducendo negli anni '90 ed era diminuita di due punti percentuali dal 2001 al 2003 a seguito della sanatoria del 2002, da quel momento si attesta su valori superiori al 10%, un livello economicamente e socialmente critico, corrispondente a oltre 2 milioni e mezzo di persone».

Giovannini (Istat): «Uno strumento per valutare le politiche pubbliche»
Ma a cosa serve, in concreto, la "fotografia" del Belpaese che si ricava dal Rapporto Bes? Il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, richiama le esperienze internazionali, e quelle australiana e neozelandese in particolare, e suggerisce che «le relazioni tecniche di accompagnamento e le nuove leggi descrivano l'effetto atteso sulle diverse dimensioni del benessere e non solo sulle variabili finanziarie» e ricorda il possibile ruolo del rapporto per «promuovere lo sviluppo di modelli per la valutazione ex-ante ed ex-post delle politiche che integrino la dimensione economica con quella sociale ed ambientale» e per esprimere «gli obiettivi dell'azione politica utilizzando gli indicatori descritti e valutare poi i risultati conseguiti».

Ricchi sempre più ricchi
Tra gli effetti tangibili della crisi analizzati nel Rapporto Bes, anche la crescita del livello di disuguaglianza: in Italia, il rapporto tra il reddito posseduto dal 20% più ricco della popolazione e il 20% più povero è passato infatti dal 5,2% del biennio 2008-2010 al 5,6% del 2011 (il che significa che il 20% più ricco delle popolazione percepisce un ammontare di reddito più elevato del 5,6% rispetto al 20% più povero). L'indagine sottolinea anche come i valori italiani su questo fronte siano al di sopra della media europea e prossimi a quelli di Irlanda e Regno Unito, inferiori a quelli di Spagna, Grecia e Portogallo. Come nel resto dei Paesi industrializzati, anche in Italia la distribuzione è molto più concentrata di quella del reddito. Dal 2004 la concentrazione della ricchezza é tornata a crescere e la quota di ricchezza posseduta dal 10% più ricco della popolazione é salita al 45,9% nel 2010, contro il 44,3% del 2008.

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