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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2013 alle ore 20:18.

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Viktor Orban (Epa)Viktor Orban (Epa)

L'Ungheria ha modificato la sua Costituzione chiudendo ogni possibilità di dialogo con l'Unione europea e l'Occidente, e muovendosi ancora sulla linea di autarchia voluta dal premier conservatore, populista e nazionalista Viktor Orban. Senza curarsi dei richiami di Bruxelles, delle accuse dell'opposizione e delle proteste di piazza, il Parlamento di Budapest ha approvato con 265 voti a favore, 11 contrari e 33 astensioni alcune significative modifiche che in una sorta di golpe bianco danno più poteri al governo, riducono la possibilità di intervento della Corte costituzionale che nonostante la presenza sempre più forte di membri nominati dal partito di governo Fidesz, ha avuto fin qui un ruolo importante nel frenare le leggi più controverse dettate da Orban. Solo una settimana fa Orban aveva messo sotto tutela anche la Banca centrale ungherese, nominando il suo braccio destro, Gyorgy Matolcsy, alla guida della Banca centrale del Paese.

Gli emendamenti decisi dal governo e approvati ieri dall'Assemblea, una quindicina di pagine in tutto, limitano le competenze della Corte costituzionale che potrà intervenire solo su questioni procedurali e non di merito, cancellando inoltre tutte le pronunce della stessa Corte precedenti all'entrata in vigore della nuova Costituzione all'inizio del 2012.

Ma il voto di ieri introduce anche alcuni elementi che mettono a rischio i principi di democrazia e di rispetto dei diritti umani nel Paese. Il nuovo testo costituzionale così come è uscito ieri dall'Aula limita anche l'indipendenza degli organi di giustizia, prevedendo la facoltà di spostare con maggiore facilità i processi in corso da una sede all'altra; criminalizza i cittadini senza fissa dimora; riduce l'autonomia delle università e la libertà dei cittadini laureati, obbligandoli a lavorare per dieci anni in Ungheria; e nega i diritti dei conviventi, in quanto riconosce per legge la famiglia unicamente come un legame costituito dal matrimonio tra un uomo e una donna.

Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso e il segretario generale del Consiglio d'Europa, Thorbiorn Jagland, si sono detti «preoccupati» per la nuova svolta di Budapest: «Gli emendamenti destano preoccupazione per quanto riguarda il principio dello stato di diritto, del diritto europeo e degli standard del Consiglio d'Europa», si legge in una nota congiunta, nella quale si chiede alle autorità di Budapest - dimostrando tutta l'impotenza dell'Unione in situazione come queste - di avviare «contatti bilaterali con le istituzioni europee per venire incontro a ogni preoccupazione per quanto riguarda la compatibilità di questi emendamenti con i principi e il diritto dell'Unione europea».

Al momento del voto i deputati socialisti all'opposizione sono usciti dall'Aula del Parlamento nel quale dopo il trionfo elettorale del 2010 il Fidesz, il partito di Orban, ha una maggioranza superiore ai due terzi dei seggi. La protesta si organizza nelle strade di Budapest per chiedere al presidente Janos Ader di porre il veto alle modifiche costituzionali. «È l'ultimo momento in cui si può fare qualcosa. Il capo dello Stato non dovrà firmare, e la Corte deve pronunciarsi prima che questa facoltà le sia tolta», ha detto l'ex presidente della Repubblica ungherese, Laszlo Solyom.
Dal partito di Orban rispondono rivendicando il diritto di «rivoltare il Paese come un calzino», come del resto lo stesso premier aveva promesso agli elettori tre anni fa. «Nonostante il chiasso internazionale e interno è naturale che la maggioranza di governo usi il mandato ricevuto con elezioni democratiche», ha detto Gergely Gulyas, uno dei "colonnelli" del Fidesz.

L'Ungheria negli scorsi due anni stata più volte vicina al default, dopo che già nel 2008 un prestito di 20 miliardi del Fondo monetario internazionale l'aveva salvata dal default. L'economia è entrata nella seconda recessione in quattro anni e le agenzie di rating hanno da tempo abbassato il giudizio sul debito sovrano a spazzatura. Ma Orban ha continuato a giocare in modo molto pericoloso con l'Unione e con l'Fmi negoziando un accordo da 15 miliardi di euro che non si è mai concretizzato.

Nel breve termine il governo ungherese è riuscito a far fronte ai propri impegni e a sostenere il debito che ha raggiunto il 79% del Pil ed è il più alto tra i Paesi dell'Est Europa: a metà febbraio ha infatti raccolto 3,25 miliardi di dollari emettendo bond quinquennali e pagando agli investitori un rendimento di solo il 4,25 per cento. Ma sono movimenti molto rischiosi che già nel medio termine potrebbero riportare Budapest verso la bancarotta. Ieri intanto il fiorino si è ulteriormente svalutato scendendo ai minimi da nove mesi a 303 per euro.

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