Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 06:36.

My24

Buoni propositi traditi. È quello che sta accadendo con i concordati preventivi. Uno strumento profondamente riformato a metà degli anni 2000 per facilitare la ristrutturazione dei debiti e, quindi, il superamento delle crisi di impresa. Invece, alla prova della difficile congiuntura economica, ha rivelato alcuni punti deboli, arrivando ad essere utilizzato in diversi casi come escamotage per non pagare i creditori.

In questi ultimi anni, diverse imprese creditrici hanno, infatti, denunciato un uso distorto dei concordati da parte dei propri debitori. Una pratica che si è manifestata con il pagamento di percentuali minimali ai fornitori (spesso inferiori al 10% e con punte pari a pochi decimali), la liquidazione del poco che resta del complesso aziendale e la ripartenza attraverso una newco libera da pesi e responsabilità.
I dati dimostrano che la situazione si è ulteriormente aggravata negli ultimi mesi perché, sul già precario equilibrio delineato dalla riforma del 2006, si è innestata la mini-riforma prevista dal Decreto Sviluppo n. 83 del 2012. Il provvedimento ha consentito al debitore di depositare la domanda di concordato, posticipando ad un momento successivo la presentazione del piano (cd. preconcordato).

In questo modo, il debitore può beneficiare immediatamente della sospensione dei pagamenti e delle azioni esecutive. L'intento, ovviamente condivisibile, era di anticipare il ricorso alla procedura di risanamento per evitare il deteriorarsi irreversibile della situazione economica. L'effetto indesiderato è stato invece di ampliare gli spazi per possibili abusi. Ce lo confermano le numerose segnalazioni che stiamo ricevendo dalle imprese, che evidenziano incrementi del numero delle domande di accesso alla procedura anche del 300% nei primi 7 mesi di applicazione del nuovo modello, molte delle quali finalizzate a eludere i propri obblighi in modo fraudolento. Alla prova dei fatti, dunque, questa soluzione sta di certo avvantaggiando i debitori meritevoli, come era nelle intenzioni del legislatore e come deve essere, ma anche, ed è questo che occorre evitare, chi fa un utilizzo strumentale dell'istituto, creando distorsioni sul mercato. È un problema che probabilmente è stato sottovalutato ma che adesso emerge con evidenza e che non possiamo ignorare, soprattutto in una fase così difficile per l'economia reale, già duramente colpita dalla stretta creditizia, dalla caduta dei fatturati e dagli ormai endemici ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione.

La situazione va pertanto affrontata, anche per preservare uno strumento la cui utilità è fuori discussione per agevolare operazioni di risanamento di imprese che altrimenti rischierebbero di uscire dal mercato, e va affrontata sotto due profili: applicativo e normativo. Sotto il primo aspetto, non bisogna dimenticare che, data la forte connotazione negoziale, il concordato deve puntare - come avviene per tutti i contratti - a finalità meritevoli di protezione. Un risultato che si raggiunge solo perseguendo due obiettivi: la soddisfazione dei creditori e il risanamento aziendale. Si tratta di due aspetti che, se non tenuti nella giusta considerazione, rischiano di snaturare il concordato. Muovendosi lungo questa direttrice, alcuni giudici di merito hanno in alcuni casi bloccato concordati "finti", che prevedevano percentuali irrisorie di soddisfazione dei creditori. Questo dimostra che, già a legislazione vigente, potrebbero essere fissati dei paletti in grado di arginare le prassi scorrette e realizzare un riequilibrio degli interessi in gioco.

D'altro canto, il fatto che gli abusi siano continuati e che oggi i loro effetti siano amplificati evidenzia alcune debolezze nella regolamentazione, che favoriscono una certa leggerezza nell'approccio da parte dei soggetti (non ultimi i professionisti indipendenti) a cui la legge affida un ruolo di garanzia. È quindi il momento di aprire una riflessione sugli aspetti critici della disciplina del concordato, anche per evitare incertezze e disomogeneità sul territorio in un ambito così importante come quello delle crisi d'impresa. Se, infatti, il legislatore ha il compito di trovare il giusto equilibrio tra condizionamento e libertà, la realtà dimostra in modo inequivocabile che sui concordati questo risultato non è stato ancora raggiunto. Occorre dunque che nel corso della prossima legislatura, si intervenga con rapidità per apportare i correttivi necessari a prevenire comportamenti disonesti e ad assicurare la corretta applicazione di uno strumento la cui importanza è decisiva, soprattutto in un momento di forte crisi economica come quello che stiamo vivendo. In questo Confindustria, come ha sempre fatto, non farà certo mancare il proprio contributo.

* Direttore generale di Confindustria

Shopping24

Dai nostri archivi