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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 07:16.

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«Corruzione nella sanità, in ospedali e altre strutture di primo livello in Lombardia». Arturo De Felice, direttore nazionale della Dia (Direzione investigativa antimafia), riassume così l'oggetto dell'inchiesta che poche ore fa ha portato all'arresto di sette persone, alla notifica di avvisi di garanzia ad altre 13 e a più di 50 perquisizioni. Le indagini sono iniziate oltre un anno e mezzo fa e non si fermano qui: «Il risultato di oggi – avverte De Felice – non può essere definitivo. Potrebbe esserci una seconda fase, su cui al momento non siamo in grado di dare precisazioni».

Il colonnello Alfonso Di Vito ha coordinato l'operazione e parla di un «quadro generale di opacità complessiva del settore delle forniture sanitarie nella regione»: un quadro in cui la gestione dei soldi nelle strutture ospedaliere «spesso non è così lineare». Nello specifico, alla base delle misure messe in atto nelle scorse ore dalle forze dell'ordine ci sono alcuni appalti: uno per la manutenzione di apparecchiature elettromedicali al San Paolo di Milano; uno per apparecchiature all'Azienda ospedaliera di Valtellina e Valchiavenna; e due per l'installazione di macchinari all'Istituto nazionale tumori di Milano e all'Azienda ospedaliera di Cremona.

Gli arrestati sono appunto sette: l'imprenditore Giuseppe Lo Presti e i figli Salvo e Gianluca, titolari della Hermex Italia, che vende macchinari alle aziende ospedaliere; Pierluigi Sbardolini, che è stato direttore amministrativo del San Paolo di Milano e ora occupa la stessa carica all'Azienda ospedaliera di Chiari; Massimo Gianluca Guarischi, ex consigliere regionale; Leonardo Boriani, ex direttore del quotidiano La Padania, e Luigi Gianola, direttore generale dell'Azienda ospedaliera di Valtellina e Valchiavenna.
Il colonnello Di Vito spiega che alcuni passaggi di denaro documentati dalle forze dell'ordine sono avvenuti la scorsa estate. In particolare parla di 85mila euro che Lo Presti avrebbe dato a Guarischi.

Per le tangenti si sarebbe usata una finanziaria di Lugano, che avrebbe ricevuto fatture da ditte italiane compiacenti: documentazione falsa da spesare, e in realtà quello che veniva spesato erano i soldi per le mazzette, portati clandestinamente nel nostro Paese, consegnato ai Lo Presti e da loro ai destinatari delle tangenti. «Oggi non finisce l'indagine», sottolinea il colonnello. La sanità lombarda resta sotto inchiesta.

Indagati
Tra le tredici persone indagate per numerosi episodi di corruzione connessi ad appalti per forniture ospedaliere lombardi ci sono anche Carlo Lucchina, già direttore generale della sanità lombarda, Danilo Gariboldi, direttore generale dell'ospedale Millino Millini di Chiari (Brescia), Simona Mariani, direttore generale dell'ospedale di Cremona, Girolamo Corno, direttore generale dell'Istituto Tumori di Milano, Giuseppe Barteselli, dirigente dell'ospedale San Gerardo di Monza e Alessandro Pedrini, già dipendente della Regione Lombardia. Secondo quanto riferisce la Direzione investigativa antimafia «dalle complesse e lunghe investigazioni è emersa una ramificata rete di complicità nel mondo sanitario e istituzionale, con gravi e diffusi episodi di corruzione nell'ambito di vari appalti tra cui: quello per la manutenzione per le apparecchiature elettromedicali dell'ospedale San Paolo di Milano, per i servizi di radiologia presso l'azienda ospedaliera della Valtellina e della Val Chiavenna (Sondrio) e per l'installazione di sofisticati macchinari per la diagnosi tumorale presso l'Istituto nazionale Tumori di Milano e presso l'azienda ospedaliera di Cremona».

In relazione all'inchiesta e alle acquisizioni documentali avvenute questa mattina, l'Istituto Nazionale dei Tumori di Milano si dichiara «del tutto estraneo ai fatti per cui sta procedendo la Procura di Milano». «In particolare - dichiara il presidente Giuseppe De Leo - la società Hermex Italia srl non ha mai vinto nessun bando di gara né ha mai fornito ad alcun titolo alcuna apparecchiatura sanitaria o servizi di alcun tipo all'istituto. Non sono neppure in corso procedure di appalto per prodotti commercializzati dalla medesima società».

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