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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 06:41.

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(Ansa)(Ansa)

«No, decisamente non è una buona notizia per le nostre imprese che operano in India». Il consulente italiano che passa la sua vita accumulando miglia aeree tra Milano e New Delhi non ha dubbi circa quelle che saranno le ricadute della decisione italiana di non fare ritornare i due marò in India.
La prima a farne le spese potrebbe essere AgustaWestland, la controllata del gruppo Finmeccanica coinvolta nello scandalo delle presunte tangenti pagate per assicurarsi una commessa da 560 milioni di euro per dodici elicotteri.

Il Governo di New Delhi sta aspettando un rapporto dal Central Bureau of Investigation sulla vicenda e in base alle conclusioni deciderà cosa fare. Il consulente che ha deciso di condividere con Il Sole 24 Ore le sue paure ha pochi dubbi al riguardo: «Non pagheranno».
Anche perché la mossa della Farnesina è giunta come un fulmine a ciel sereno dopo che per oltre un anno la diplomazia italiana aveva sempre scelto la linea morbida.
Proprio per il grande fair-play mostrato fino a oggi dall'Italia, la notizia del colpo di mano della Farnesina ha colto di sorpresa il governo di New Delhi, almeno a giudicare dalla reazione del ministro degli Esteri: «Non sarebbe bene reagire ora», ha detto in serata all'Ansa un Salman Kurshid visibilmente spiazzato, mentre sui canali all news del Subcontinente iniziavano a tambureggiare i titoli dei tg sullo schiaffo italiano e sui siti dei principali giornali indiani piovevano critiche contro un Governo «ingenuo» e «non all'altezza».

Un raffreddamento delle relazioni tra i due Paesi sarebbe una pessima notizia per l'industria italiana. Tra il 1991 e il 2011, l'interscambio commerciale tra i due Paesi è cresciuto di 12 volte, passando da 708 milioni a 8,5 miliardi di euro. L'Italia è il quarto partner commerciale dell'India tra i Paesi Ue, dopo Germania, Belgio e Gran Bretagna e i Governi dei due Paesi si sono dati un obiettivo di 15 miliardi di euro di interscambio entro il 2015. Non solo, l'India punta a investire mille miliardi di dollari da qui al 2017 nel settore infrastrutturale, una torta interessante in qualunque congiuntura e ancor di più in quella attuale.
La sensazione che la mossa italiana sia stata unilaterale, e che quindi possa scatenare qualche forma di ritorsione, è rafforzata sia dal comunicato della Farnesina, dal quale si evince che i tentativi di mediazione politica non hanno portato a nulla, sia da alcune delle dinamiche che da tempo dominano la politica indiana.

Soprattutto per via di Sonia Gandhi, la leader - italiana di nascita - che guida il Congress Party. La vedova dell'ex primo ministro Rajiv Gandhi è da sempre croce e delizia del principale partito di Governo indiano. Delizia perché il suo cognome e il suo fiuto politico hanno regalato al Congress due trionfi elettorali consecutivi. Croce perché il suo essere "straniera" l'ha sempre esposta agli attacchi dei partiti nazionalisti hindu. È quindi improbabile che un Governo costruito intorno a Sonia "l'italiana" sia disposto a correre il rischio di sembrare troppo accondiscendente con l'Italia.
Per prevedere quali saranno le conseguenze forse è presto. Ma c'è già chi scommette che da domani ottenere un visto d'affari per l'India sarà un po' meno facile.
marco.masciaga@ilsole24ore.com

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