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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 12:04.

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Risuona nell'inglese di un giovane chierico la parola del profeta Isaia, la prima lettura della "Missa pro eligendo romano pontifice", il "kick-off" del conclave. Poco dopo una signora spagnola legge l'epistola: San Paolo agli Efesini. Dopo il vangelo (rigorosamente in latino), il decano del Sacro collegio, Angelo Sodano, tiene l'omelia in italiano: la sua lingua, ma anche quella della Curia romana, di cui è stato a lungo capo come segretario di Stato.

In una liturgia che da sempre aggiunge ultimi, significativi dettagli ai "polls" del toto-Papa è questo il primo input: in San Pietro, cuore della cattolicità, è stata celebrato stamattina l'appello di una Chiesa realmente globale nel suo spazio, ma che tuttavia resta «romana» nella sua temporalità milllenaria. Niente francese, niente tedesco: le lingue delle Vecchia Europa, quella del Papa emerito ormai appartato a Castel Gandolfo.

La "liturgia della parola", nell'ultima messa prima dell'extra omnes, è nelle lingue della Chiesa più numerosa e vitale all'inizio del ventunesimo secolo: quella dei popoli ispanofoni dell'America Latina, oltre all'inglese, il "latino contemporaneo". Ma anche la lingua dei combattivi cardinali americani che si sono imposti nelle delicatissime congregazioni generali dell'ultima settimana, Un segnale di apertura? Certamente un momento di attenzione di Sodano, che ha retto il ruolo non facile di "chairman" delle dieci sedute a porte chiuse (il decano ultraottantenne non sarà tuttavia in Sistina). E sicuramente una conferma concreta che l'appello all'unità di una Chiesa – ultimamente fratturata al suo interno ma comunque globalizzata – è la priorità nell'agenda del «buon pastore» che Sodano si è ovviamente augurato possa uscire dal conclave.

In un'omelia semplice , piana, diretta – molto diversa da quella sofisticata e teologica di Joseph Ratzinger otto anni fa – il riservato cardinale astigiano ha trovato modo di difendere la dignità di una curia indubbiamente ferita dagli ultimi scandali: citando un'enciclica di Giovanni Paolo ha detto che Roma sente l'orgoglio di restare – di poter tornare con pienezza - al centro di una Chiesa «caritatevole», all'estremo opposto di quella «Babilonia» citata duramente ieri nella prima lettura. Da ultimo, nel taccuino d'appunti del cronista, resta un'altra citazione non scontata: quella da un discorso del "servo di Dio Paolo VI". Il Papa del Concilio, di cui questo turbolento 2013 sta celebrando il cinquantenario, continua dunque a essere una delle guide vive di una Chiesa che da stasera, cerca il suo nuovo leader.

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