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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2013 alle ore 17:55.
L'ultima modifica è del 13 marzo 2013 alle ore 10:53.
La Teologia della liberazione nasce dopo il Concilio Vaticano II e si propone come una interpretazione del Concilio nel continente dell'America Latina che vive non poche contraddizioni: povertà fino alla miseria, fame, favelas, situazioni politiche caratterizzate da dittature militari. Che risposte può dare la fede? Il Vangelo può costituire con la sua promessa di vita nuova uno strumento di liberazione e affrancamento dalla povertà e dalla violenza? La chiesa che ruolo può svolgere? A queste domande nel 1968 durante la II Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano tenutasi a Medellin, in Colombia, emergono le prime riflessioni e indicazioni di una nuova teologia che prenderà presto il nome diTeologia della liberazione. Per leggere e interpretare le ingiustizie presenti nel Continente si ricorre all'utilizzo del pensiero sociologico, storico, economico, antropologico che, rielaborato con le categorie della teologia e del vangelo, formula giudizi e strumenti di valutazione della politica, dell'economia e delle ingiustizie. L'analisi marxista e la lotta di classe entrano presto in molte proposte teologiche.
La Teologia della liberazione nasce come movimento con diversi accenti e anime. La figura di spicco è Gustavo Gutierrez dell'ordine dei frati predicatori. Suo il libro "Teologia della liberazione" che ispirerà gli altri teologi. Pubblicato nel 1971, il saggio si muove su tre fronti: valorizzare la teologia come riflessione critica sulla prassi; il ruolo dei poveri e dei fedeli intesi come il soggetto destinatario della salvezza nella storia, nella chiesa e nella teologia; la liberazione storica fa parte della salvezza divina. Il ruolo dei poveri, che sono una moltitudine, è centrale nel pensiero di Gutierrez. E il termine liberazione affascina e conquista subito tutti. La salvezza, dice il teologo peruviano, è una liberazione che inizia nella storia e va al di là di essa. La liberazione si oppone alla dominazione. Accanto a Gutierrez spiccano due altre figure, entrambe brasiliane: Helder Camara e Leonardo Boff.
Gli accenti politici e marxisti che prendono presto i discorsi teologici in Sudamerica travisando o estremizzando le tesi di Gutierrez sollevano forti preoccupazioni nella Chiesa locale e in Vaticano. Papa Paolo VI sente il dovere di intervenire nel 1976 (Evangelii nuntiandi) per correggere le deviazioni. E a Puebla, in Messico, nel 1979 l'episcopato dell'America Latina condannerà la teologia della liberazione. In Vaticano, Joseph Ratzinger, su invito di Giovanni Paolo II inizia a occuparsi di teologia della liberazione esaminandola dal punto di vista dell'ortodossia e della dottrina sociale della chiesa. Ne scaturiranno due Istruzioni elaborate dalla Congregazione per la dottrina della fede: si tratta della "Libertatis Nuntius" (1984) e della "Libertatis Conscientia" (1986). In entrambi i documenti si denuncia la sudditanza della Teologia della Liberazione all'analisi marxista della società e quindi la sua incompatibilità con il messaggio evangelico.
Grande sostenitore della teologia della liberazione fino a diventarne l'interprete internazionale è stato padre Leonardo Boff, un francescano. Suoi sono i volumi "Come fare teologia della liberazione" e "Opzione per i poveri". La teologia della liberazione si afferma durante gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Papa Wojtyla interverrà allontanando dai vertici della gerarchia ecclesiastica i più strenui interpreti. Con Leonardo Boff avviò un confronto serrato fino al processo ecclesiastico conclusosi con l'uscita di Boff, nel 1992, dall'ordine del francescano.
Papa Bergoglio ha vissuto in Argentina tutta questa avventura ecclesiale non condividendo le tesi della teologia della liberazione e arrivando anche a condannare i suoi confratelli gesuiti che si lasciavano attarre.
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