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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2013 alle ore 14:30.

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«Che il padre Francisco possa essere il papa angelico, è cosa possibile e anche facile per Nostro Signore, che tutti ci governa, e tuttavia, per quanto riguarda tale carica, almeno fino a che il tempo non ce l'avrà palesato, è meglio tenersi lontani da tali pensieri». Le parole di Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, risalgono al 1547 e il Francesco papa angelico, nel senso di foriero di un grande rinnovamento, di cui parlava nella lunga lettera era Francesco Borgia, bisnipote di papa Alessandro VI ed entrato da poco a far parte della Compagnia con voto segreto. Non sappiamo sino a che punto nella scelta del nome, oltre al patrono d'Italia, il nuovo papa possa aver pensato ai molti Francesco della Compagnia di Gesù, ma tra questi spicca per importanza sicuramente Francesco Borgia.

Duca di Gandía, Grande di Spagna, marito di Leonor de Castro, dama d'onore della regina Isabella, padre di otto figli, divenuto vedovo Francesco Borgia aveva scelto la vocazione religiosa emettendo i suoi voti nelle mani di Andrés Oviedo, personaggio alquanto discusso dentro l'ordine gesuitico. Nella Spagna degli alumbrados, infatti, Oviedo, il francese Francis Onfroy e Francesco Borgia furono influenzati profondamente dalla spiritualità del francescano Juan de Tejeda, e sostennero il movimento interno al Collegio di Gandía in cui si coniugavano profetismo gioachimita, storia del nuovo ordine e tentazioni millenaristiche, individuando in Francesco Borgia il papa angelico tanto atteso, e propendendo per una riforma dell'ordine della Compagnia.

L'antico topos millenaristico del pastor angelicus era reinterpretato, fondendo riferimenti espliciti a Gioacchino da Fiore e a Ubertino da Casale, e rileggendo la storia della Compagnia di Gesù entro uno schema cronologico chiaramente gioachimita, in cui però era la nascita della Compagnia di Gesù a inaugurare il sesto tempo della Chiesa, l'ultimo del secondo stato del mondo e il primo del terzo stato: quello dello Spirito. Solo l'intervento deciso del fondatore della Compagnia, che allontanò il Tejeda e mandò l'Oviedo a fondare un collegio a Napoli, arginò i danni alla comunità di Gandìa, espressione delle molte tensioni che si agitavano sotto la superficie della Compagnia nei suoi primi tempi, quasi tutte in vario modo riconducibili a istanze spiritualistiche o, come in questo caso, profetico-visionarie.

A causa della sua amicizia con Bartolomé Carranza de Miranda, l'arcivescovo di Toledo imprigionato dall'inquisizione per il suo Comentarios sobre el catechismo christiano (1557) e per la sua Obras del cristiano (1559), Borgia si trovò a un passo da un processo inquisitoriale: il che metteva in luce le contraddizioni profonde ancora presenti nella vita religiosa spagnola in generale, e nell'ordine dei gesuiti in particolare. In Spagna si mormorò a lungo sull'ortodossia del duca, che mentre si discuteva sull'opportunità di un suo arresto, ruppe gli indugi e passò in Portogallo. Molti la giudicarono una fuga per sottrarsi all'Inquisizione, e un indubbio indizio di colpevolezza. Il generale dell'ordine Laínez gli riservò una brusca lettera in cui lo invitava di nuovo a non appartarsi dalla vita attiva dei gesuiti e a non ritirarsi in una vita di orazione decidendo però, per calmare ogni polemica, di chiamarlo a Roma come assistente generale. Francesco vi arrivò nel settembre del 1561.

Lontano dalla Spagna inizió una sfavillante carriera nella Compagnia: partecipò ai colloqui di Poissy in Francia, e alla terza fase del Concilio di Trento, e tornò a Roma, solo nel gennaio del 1564. Un anno dopo veniva eletto alla carica di terzo Preposito Generale della Compagnia di Gesù (1565-1572). Fece allora pubblicare le regole della Compagnia, insistendo sulla necessità del rigore delle regole e l'obbligo di rispettarle, sull'importanza dei ministeri della povertà e del sacerdozio, proponendo di aumentare il tempo dedicato dai padri della Compagnia all'orazione, di introdurre alcune penitenze obbligatorie e un voto di castità più rigido, creò i noviziati, imponendo quella svolta rigorista e contemplativa in seno alla Compagnia che aveva auspicato per tutta la vita. Nello stesso tempo aprì la Compagnia di Gesù alla conquista spirituale dei Nuovi Mondi precedentemente riservati agli ordini agostiniano, domenicano e francescano. Insieme a Loyola fu uno dei gesuiti sospettati e censurati dall'Inquisizione e che tuttavia furono successivamente canonizzati come santi della Chiesa romana.

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