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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2013 alle ore 07:01.

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Il via libera europeo a un piano italiano per il pagamento dei debiti della Pa ha rimesso in moto in poche ore una macchina che sembrava ingolfata. I ministeri direttamente coinvolti ragionano su un possibile decreto, i cui aspetti tecnici non costituirebbero un ostacolo: il nodo è semmai legato all'evoluzione politica dei prossimi giorni. Ad ogni modo, dopo il via libera Ue arrivato con la dichiarazione congiunta dei vicepresidenti della Commissione Ue Tajani e Olli Rehn, si dovrebbe partire in tempi strettissimi dai Comuni, sbloccando pagamenti finora incagliati dal Patto di stabilità per almeno 9 miliardi. Per il resto della Pa, il piano si completerà intervenendo attraverso l'emissione di titoli di Stato.
La «due diligence»
Tutte le opzioni in campo dovranno muovere da una definizione chiara dello stock. Partendo dalle stime di Banca d'Italia per il 2011, e considerando un aumento fisiologico nel 2012, si sfiorerebbe la cifra di 80 miliardi di euro. Da Bruxelles spingono per sbloccare almeno 40 miliardi già nel primo anno e fanno capire che l'Italia dovrà comunicare un ammontare certo dei debiti da smaltire nel biennio, con la possibilità di spalmare il piano in tre annualità solo se il conteggio ufficiale dovesse crescere ulteriormente superando addirittura quota 100 miliardi. Ci sarà insomma bisogno di un'accurata "due diligence", che potrebbe essere affidata a una sorta di task force mista governo-Regioni-enti locali.

La proposta italiana
I contatti sull'asse Roma-Bruxelles sono ormai frequenti da settimane, in parallelo con il pressing via via crescente delle imprese (il tema oggi sarà sul tavolo del direttivo di Confindustria). Anche ieri ci sarebbe stata l'occasione di fare il punto tra Tajani e Enzo Moavero Milanesi, che da ministro per gli Affari europei sta seguendo da vicino il dossier. Moavero sarebbe favorevole a un intervento in tempi rapidi ed è possibile che già la prossima settimana il governo italiano porti a Bruxelles una prima proposta, da considerare come la base per un provvedimento che potrebbe vedere la luce subito dopo Pasqua. Sulla tempistica influirà però certamente l'evoluzione del quadro politico, ovvero l'andamento delle consultazioni del Quirinale in programma da domani e l'esito dell'incarico a formare un nuovo governo. Calendario alla mano, se si dovesse rispettare l'obiettivo di intervenire in un paio di settimane, potrebbe toccare al governo in ordinaria amministrazione, con uno dei suoi ultimissimi atti, oppure, nel caso in cui l'attuale stallo politico sarà sbloccato velocemente al primo tentativo, al nuovo esecutivo con una delle sue primissime mosse.

Doppia strategia
Gli uffici tecnici di Roma e Bruxelles continueranno a lavorare in stretto contatto a prescindere dall'evoluzione politica. Da un lato, si prospetta la sterilizzazione del patto di stabilità interno per consentire ai Comuni di pagare subito 9-10 miliardi di arretrati. Dall'altro, si valutano emissioni finalizzate di debito pubblico, in sostanza – spiegano fonti di Bruxelles – dovrà trattarsi di titoli di Stato dedicati, con un vincolo di utilizzo degli introiti per il pagamento delle imprese creditrici. Il Tesoro è già al lavoro su questo capitolo: mentre per la spesa in conto capitale si potrebbe agire subito con una deroga al Patto di stabilità interno liberando le risorse dei Comuni, per la spesa corrente si pensa di utilizzare la leva dei titoli di Stato. In particolare, una parte dello stock di debiti relativi alla spesa in conto capitale sarebbe rimborsata cash, il restante potrebbe essere coperto direttamente con i titoli.

Certificazione «vincolante»
Il sistema della certificazione dei crediti attraverso la piattaforma elettronica del Tesoro finora non ha funzionato. Secondo il censimento che risale a circa un mese fa, i soggetti abilitati sulla piattaforma elettronica sono appena 1.227, di cui oltre 900 sono Comuni del Centro-Nord e solo 70 sono enti del servizio sanitario. In vista del nuovo piano di smaltimento, l'intenzione del governo sarebbe quella di semplificare al massimo il sistema, con possibili documentazioni ex post. Oppure, rilevano dal ministero dello Sviluppo economico, con una modifica da inserire nell'eventuale decreto, rendendo la certificazione vincolante attraverso la definizione di tempi precisi entro i quali registrarsi e di eventuali sanzioni.

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