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Questo articolo è stato pubblicato il 21 marzo 2013 alle ore 07:19.

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E' sempre più una partita a scacchi quella per la formazione del governo e Pier Luigi Bersani intende giocare con grande freddezza ogni mossa. Per questo il segretario Pd salirà domani al Colle con una posizione ferma, ma non con i guantoni da boxe: secondo quanto si apprende alla Camera, Bersani andrà da Giorgio Napolitano ad esporre esattamente la linea presentata in direzione Pd, ma pronto ad ascoltare il «percorso» che il presidente prospetterà.

Una disponibilità ad un passo indietro, dunque? No, allo stato niente del genere, anche se le pressioni sul leader democratico sono ormai parecchie. Da quello che si capisce, Bersani domani cercherà soprattutto di evitare mosse azzardate, nella convinzione che il tempo giochi comunque a suo favore, e per questo non chiuderebbe la porta all'ipotesi di un mandato esplorativo a Pietro Grasso.

Il leader Pd ha mandato a tutti i parlamentari gli «otto punti» programmatici sui quali vorrebbe costruire il suo «governo di cambiamento», e questo la dice lunga sulla volontà di Bersani di fare passi indietro. A Napolitano, dirà: vogliamo un governo di cambiamento; questo governo non può nascere con i voti del Pdl, niente più «maggioranze strane»; io sono il candidato premier uscito dalle primarie. Nessun ultimatum al presidente, ma paletti rigidi che rendono difficile qualunque soluzione che non veda il leader Pd alla guida del governo, come ammette uno dei suoi: «Il punto è che noi non sosteniamo nessun governo insieme al Pdl, nemmeno un governo del presidente. Se c'è un altro nome capace di attuare gli "otto punti" e di far nascere un governo senza i voti del Pdl, noi siamo pronti a fare un passo indietro, Bersani non ha mai fatto questioni personali».

Ovviamente, non è semplice trovare questo nome per un "piano B" e proprio questa sembra la scommessa del leader Pd. Chi ci ha parlato oggi assicura: «Non ha un'alternativa, lui vede solo un suo governo o il ritorno al voto». Certo, le trattative con la Lega continuano, i messaggi al Pdl per un presidente non di centrodestra ma gradito anche al Cavaliere sono stati inviati. In teoria, secondo alcuni bersaniani, ci potrebbe essere un accordo complessivo di questo tipo: il Pd accetta di mandare al Quirinale una personalità gradita anche al centrodestra; il Pdl non vota il governo Bersani, ma lascia che la Lega faccia nascere il nuovo esecutivo; il governo parte con i voti dei centristi e con la non ostilità della Lega.

I tempi, però, non favoriscono un'intesa di questo tipo, un meccanismo complicato: si comincerà a votare tra tre settimane, se tutto va bene, per il nuovo presidente della Repubblica e difficilmente Napolitano resterà con le mani in mano fino ad allora, ed è tutto da dimostrare che un "gentlemen's agreement" di questo tipo possa reggere così a lungo. L'ipotesi di una esplorazione di Grasso viene raccontata anche in questo modo: una maniera per prendere un po' di tempo in attesa dell'elezione del nuovo capo dello Stato, che potrebbe sbloccare lo stallo. Del resto, Bersani sa che se avesse venerdì il pre-incarico nel giro di due giorni, dovrebbe portare "numeri certi" a Napolitano, o
sarebbe costretto a passare la mano. Ma, appunto, c'è anche un'altra lettura: l'incarico a Grasso come modo per prendere tempo e bloccare qualunque governo del presidente, per poi tornare alle urne non appena eletto il nuovo inquilino del Quirinale.

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