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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2013 alle ore 21:30.

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Da buon generale (nonchè alpino) ricorda che il miglior modo per difendere gli interessi commerciali dell'Italia in India è quello di «rispettare la parola data». Carlo Jean, esperto di strategia militare e geopolitica, ex consigliere militare del presidente Cossiga, ex presidente della Società di gestione degli impianti nucleari, non ama molto le formule della diplomazia. La gestione della vicenda marò? «Dilettanti allo sbaraglio», spiega.

Generale, che cosa abbiamo sbagliato?
La responsabilità iniziale è stata del comandante della Enrica Lexie, che ha obbedito all'armatore invece di prestare ascolto alle autorità della difesa. Ha deciso di abbandonare le acque internazionali e di rientrare nel porto di Kerala. Da lì in poi c'è stata una confusione terribile, fino alla decisione di ieri di far tornare in India i due fucilieri della marina, dopo che un ministro aveva detto che, alla scadenza del permesso, sarebbero rimasti in Italia.

II Governo ha posto l'attenzione sul rischio di una condanna dei marò alla pena di morte, ipotesi che ora sarebbe rientrata.
Si tratta di una foglia di fico politica, una scusa ridicola squalificante per chi la propone. L'Italia ne esce molto male.

Chi è responsabile di quello che è accaduto?
Ho la sensazione che ci sia una confusione terribile: il ministero della Difesa dà la colpa a quello degli Esteri e viceversa. A mio avviso la Presidenza del Consiglio non è stata informata in maniera adeguata

I maligni dicono che il governo dei tecnici all'inizio abbia scelto il muro contro muro con Nuova Delhi perchè tanto ad affrontare il problema sarebbe stato l'esecutivo successivo.
Mah, non credo molto alla logica della patata bollente, credo piuttosto che siano stati commessi errori grossolani. Punto.

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