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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2013 alle ore 15:00.

Un pre-incarico volto a verificare se ci sono le condizioni per un governo che abbia la maggioranza in entrambe le Camere. Quindi un incarico condizionato, come era chiaro già da ieri, ai numeri. Nessun salto nel buio di un voto di fiducia direttamente in Parlamento. Per Pier Luigi Bersani la strada si conferma strettissima, come lui stesso ha ammesso più volte negli ultimi giorni. Le prossime ore saranno dedicate all'agenda degli incontri (le forze politiche ma anche, come precisato dal segretario del Pd, anche quelle sociali), e naturalmente al programma. Sarà ancora quello degli 8 punti o qualcosa sarà limato per venire incontro al centrodestra come auspicato da Napolitano? Ufficialmente gli 8 punti restano tutti lì, ma il conflitto d'interessi ad esempio non è stato nominato negli ultimi due giorni da Bersani. Ci saranno sicuramente le norme per la moralizzazione della vita pubblica (legge anticorruzione e taglio dei costi della politica), ci saranno le misure economiche più urgenti a partire dal capitolo pagamento dei debiti della Pa nei confronti delle imprese per finire all'allentamento del patto di stabilità interno per sbloccare le piccole opere nei Comuni. «Noi non faremo accordi con il Pdl- ribadiscono ad ogni modo gli uomini di Bersani –. Certo, se poi quelli del Pdl vogliono votare delle leggi che hanno sempre ostacolato fatti loro, facciano pure...». Ecco, la strada strettissima passa tutta da qui.
L'occhio alla Lega, con il "permesso" del Cavaliere
Lo schema di Bersani resta quello di cercare l'appoggio della Lega (da qui l'accenno forte da lui fatto alla Camera delle autonomie) – i cui senatori assieme a quelli di Scelta civica garantirebbero la maggioranza a Palazzo Madama – e di cercare di mettere il M5S di fronte alla responsabilità di votare o non votare dei provvedimenti utili e sentiti dall'opinione pubblica, sperando di spaccare il movimento come già accaduto con l'elezione di Pietro Grasso ai vertici del Senato. Certo, neanche a Bersani sfugge che la Lega non darà mai l'appoggio a un governo da lui guidato senza il "permesso" del Pdl e di Silvio Berlusconi. E qui si apre il capitolo riforme istituzionali, inserito nei punti del programma dopo l'incontro con Napolitano, assieme a quello ancora da tenere coperto sull'elezione del prossimo presidente della Repubblica a partire dal 20 aprile circa, quando le Camere si riuniranno per eleggere il successore di Napolitano.
Una commissione per le riforme istituzionali a guida Pdl
Sulle riforme istituzionali Bersani ha ribadito quello che per la verità ha sempre detto, anche in campagna elettorale: legge elettorale, superamento del bicameralismo perfetto con l'introduzione di una Camera delle autonomie o Senato federale che dir si voglia, dimezzamento dei parlamentari sono temi sui quali occorre la più ampia condivisione possibile. Da qui il rilancio dell'idea di una «Convenzione» per fare la legge elettorale e riformare la seconda parte della Costituzione. Si tratta della vecchia idea di Luciano Violante di una commissione esterna redigente: su mandato del Parlamento, naturalmente, la commissione avrebbe il compito di mettere a punto un testo di compromesso da sottoporre in tempi certi al voto finale delle Aule, senza possibilità di emendamenti. E una commissione siffatta – si ragiona dalle parti di Largo del Nazareno – potrebbe anche essere guidata da un esponente "moderato" del Pdl (Gaetano Quagliariello?).
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