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Questo articolo è stato pubblicato il 25 marzo 2013 alle ore 06:39.

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Freno per le locazioni turistiche o aggravio per le imprese soffocate dall'invenduto, in tanti additano il prelievo fiscale come uno dei principali colpevoli della crisi del mattone. Fatto sta che l'introduzione dell'Imu non sembra la causa diretta del crollo delle compravendite: gravosa quanto sperequata, l'imposta sugli immobili nel 2012 ha sicuramente penalizzato ulteriormente i proprietari, ma in un settore già in crisi e indebolito da precedenti previsioni sovradimensionate di crescita.
In realtà, le reazioni di mercato alla crescente pressione fiscale hanno radici in fenomeni più profondi. Il boom dell'offerta di immobili in vendita è prima di tutto frutto di uno stallo degli acquisti di prime case. A cui si aggiunge un ampio stock di nuove costruzioni immesse sul mercato che faticano a venire assorbite. A scegliere di vendere per sfuggire al fisco sono stati solo alcuni proprietari di abitazioni di pregio, magari in località turistiche che finora avevano resistito, «spinti più dalle ipotesi di una patrimoniale sulla ricchezza immobiliare che dall'Imu», afferma Luca Dondi, responsabile real estate di Nomisma.
Sulla contrazione progressiva delle compravendite l'introduzione dell'imposta «non ha inciso in modo rilevante – aggiunge Dondi – anche se ha sicuramente concorso ad aggravare una situazione già drammatica. L'impatto sul mercato è stato sovrastimato, quanto meno dal punto di vista della comunicazione. Si è addossata all'imposta una responsabilità maggiore rispetto ad altri fattori ben più gravi per il settore». L'Imu, questa la tesi di Nomisma, è penalizzante, ma è solo un elemento addizionale in un quadro già stagnante: i mutui erogati sono dimezzati, i prezzi sono scesi troppo poco (-4,2% nel 2012, in media in 13 città capoluogo di provincia, secondo l'ultimo osservatorio dell'istituto) e le compravendite di abitazioni sono crollate del 25,8 per cento.
È sui redditi da locazione che il fisco «raggiunge livelli in alcuni casi insopportabili», spiega ancora Dondi. In questo caso l'Imu ha eroso i guadagni, anche se in modo diverso da città a città e in base a rendite catastali inique. «Oggi le locazioni in scadenza raramente vengono rinnovate – afferma Corrano Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia – non c'è più alcuna redditività e dal 2013 si pagano le imposte anche sulle spese reali». La riduzione della base imponibile, per chi non sceglie la cedolare secca, è infatti scesa dal 15 al 5%, «quando in Europa l'incidenza media delle spese di gestione a carico del proprietario è calcolata al 30 per cento».
Lo sfitto così aumenta, specie tra le unità commerciali e uffici, dove le attività economiche languono. «Ma è un fenomeno involontario – aggiunge Sforza – non si può abbassare troppo i canoni, diventerebbero più bassi delle imposte».
Nel frattempo, le imprese di costruzione chiedono una revisione dell'imposta per rilanciare gli investimenti immobiliari. «Paghiamo una politica depressiva – ha detto Paolo Buzzetti dell'Ance – sull'economia e sull'edilizia in particolare. Con le famiglie tartassate dall'Imu e dalle altre imposte, siamo alle prese con una durissima e lunga crisi economica. In questo contesto l'Imu a carico delle imprese edili sugli immobili destinati alla vendita è ingiusta e rappresenta una distorsione del mercato». Sulle imprese, infatti, pesa il nuovo che resta invenduto e i cantieri si fermano ancor prima di iniziare. «La fiscalità incide sul magazzino delle imprese – conclude Dondi – e, in questo caso, la politica è stata miope: invece di privilegiare logiche di tenuta complessiva dell'economia, si è scelto di vessare un settore già indebolito».
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