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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2013 alle ore 12:59.
Le misure messe in campo per "saldare" almeno una parte dei debiti che la Pubblica amministrazione ha nei confronti delle imprese rischiano di penalizzare il Mezzogiorno che è già in grande difficoltà. La questione inquieta non poco gli imprenditori meridionali i quali temono di essere ulteriormente penalizzati e ciò perché a Sud la gran parte dei debiti nei confronti delle imprese è a carico delle società interamente controllate dal pubblico. E ciò in vari settori: dall'acqua ai rifiuti e spesso anche nel settore delle opere pubbliche (si veda la gestione del servizio idrico integrato). L'allarme nel sistema confindustriale meridionale è alto e se ne fa portavoce il vicepresidente di Confindustria Sicilia Giuseppe Catanzaro che da anni si occupa di questi problemi: «Abbiamo visto che nel decreto non sono considerate le società per azioni a intero capitale pubblico - dice Catanzaro - e ciò potrebbe creare non pochi problemi alle imprese del Sud, già parecchio penalizzate da una pessima condizione strutturale come ha ancora recentemente sottolineato anche il rapporto del Censis».
Non mancano gli esempi. Si prenda il settore dell'energia: al Nord le ex partecipate sono oggi grandi aziende quotate in borsa e di rilevanza internazionale, al sud sono carrozzoni pieni di debiti, spesso inefficienti o addirittura in bancarotta come l'Amia di Palermo. «Noi - dice ancora Catanzaro - chiediamo ai presidenti delle Regioni del Mezzogiorno ed ai sindaci di chiedere ai parlamentari eletti al Sud di impegnarsi per ottenere da subito dal governo la certezza che tra i soggetti inclusi vi siano anche le imprese a totale capitale pubblico degli Enti locali».
Nino Amadore
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