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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2013 alle ore 15:35.
Non è la fuoriuscita dallo stallo, bensì un colpo di fantasia all'interno di una condizione di stallo. Un modo per giocare al meglio le poche carte rimaste in mano nel tentativo di non arrendersi a una paralisi distruttiva. Il comunicato letto dal presidente della Repubblica sembra avere due destinatari, all'estero e in patria.
All'estero il messaggio di Napolitano vuole essere rassicurante, in vista della riapertura dei mercati martedì. In primo luogo, non ci sono le dimissioni del presidente della Repubblica, ventilate stamane da tutti gli organi di stampa come conseguenza del vicolo cieco. Ma un tale gesto avrebbe avuto l'effetto di gettare benzina sul fuoco, trasmettendo l'idea di un paese allo sbando. Napolitano lo ha evitato e ha messo in chiaro che resterà al suo posto «fino all'ultimo giorno del mandato». È quello che tutti gli operatori economici si auguravano.
In secondo luogo, il capo dello Stato ha voluto rammentare che un governo in carica esiste ed è quello di Monti. Ha sorvolato sul fatto che tale esecutivo, a norma di Costituzione, si occupa solo dell'ordinaria amministrazione e ha invece sottolineato che si appresta a prendere importanti provvedimenti economici. C'è l'evidente volontà di valorizzare l'esperienza e la credibilità internazionale di Monti per far sapere al mondo che l'Italia non è esattamente senza governo. Uno c'è ed è in grado di operare. È un'interpretazione innovativa della prassi, ma siamo in emergenza e Napolitano non si tira indietro.
Verso l'interno il messaggio è più complesso. Da un lato, si coglie un notevole rispetto verso il Movimento Cinque Stelle, nel momento in cui il presidente ha riconosciuto di fatto che il Parlamento entro certi limiti può operare da subito, anche prima che siano definiti i ruoli di maggioranza e di opposizione, con tutte le conseguenze istituzionali che ne derivano. Ma il nocciolo della questione è un altro. I due comitati di "saggi" servono a creare una cornice condivisa sui temi programmatici. In sostanza è come se Napolitano dicesse: non avete voluto un governo di coesione nazionale, nemmeno nella versione "soft" del cosiddetto governo del presidente, E sta bene. Ma io non posso rinunciare a consegnare al Parlamento e anche al mio successore un equilibrio politico-istituzionale. Che è fatto di cose essenziali.
Primo, due grandi partiti, Pdl e Pd, che si parlano fra loro e, pur non condividendo l'esecutivo (ma votando insieme le misure del superstite esecutivo Monti), tuttavia cercano e trovano punti di convergenza programmatica Secondo, una scaletta di interventi riformatori plausibili e condivisi, in ordine al rinnovamento istituzionale e al risanamento economico (compreso il punto cruciale della legge elettorale). Terzo, un'indicazione precisa su quali sono gli uomini e le donne in grado di rappresentare al meglio questo equilibrio. E infatti nei due gruppi di saggi si può presumere di trovare l'identikit del prossimo primo ministro e soprattutto del prossimo presidente della Repubblica. Se la cornice tiene e se nessuno dei maggiori partiti la spezza, è chiaro che il doppio comitato diventa il substrato su cui ricostruire l'assetto istituzionale del paese. Non un governo di larghe intese, ma un nuovo clima politico.
Nel frattempo le elezioni anticipate sono rinviate in avanti, forse di parecchio. Sarebbero state probabili, e in un'atmosfera stile Weimar, se si fosse creato oggi un totale vuoto di potere. In tal modo, invece, il successore di Napolitano potrà ripartire dal lavoro dei saggi (lui stesso con ogni probabilità sarà uno di questi) e in ogni caso non ci saranno più i tempi per votare a giugno. Questo è il punto politico più stringente della mossa del capo dello Stato. Ma il più rilevante è proprio la volontà di creare un'architettura solida, partendo dai poveri materiali a disposizione, in grado di mettere sulla strada giusta il Parlamento e di non disperdere il patrimonio di equilibrio costituito in questi anni dall'istituto di garanzia del Quirinale. All'ombra di tale scenario, i partiti potranno riflettere sui loro errori. Tutti, a partire dal Partito Democratico.
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