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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2013 alle ore 12:01.

Mentre alla Camera il Pdl deposita una proposta di legge per la proroga di un anno dell'operatività della riforma della nuova geografia giudiziaria, il governo Monti, rimesso in sella dal Quirinale, è costretto a riprendere il filo della riforma dei Tribunalini rimasta bloccata un mese e mezzo, per garantirne l'attuazione, così come stabilito dalla legge, entro il 13 settembre, giorno previsto per la sua operatività. Lo slittamento di un anno chiesto da Enrico Costa (Pdl) e il ritardo accumulato finora dal ministro della Giustizia Paola Severino proprio nella fase di attuazione, quella di sua più stretta competenza, rendono sempre più incerto il rispetto delle scadenze di legge. Tuttavia, la benzina che il Quirinale ha deciso di mettere nel motore del governo Monti - sia pure per un paio di memsi - dovrebbe riguardare anche questa riforma «epocale» e, quindi, consentire di farla uscire dal letargo.
Un segnale arriva da via Arenula, dove stamattina è previsto un incontro tra il ministro e i suoi più stretti collaboratori per fare il punto su una possibile "terza via" tra l'originaria proposta ministeriale di revisione delle nuove piante organiche dei magistrati - passaggio chiave della nuova geografia giudiziaria - e la seconda versione di quella proposta elaborata dai suoi uffici tecnici dopo le critiche espresse dal Csm un mese e mezzo fa ma ancora troppo lontana dalle indicazioni del Consiglio.
Durante questo mese e mezzo, il silenzio del ministero è stato rotto soltanto la settimana scorsa con un incontro informale in via Arenula tra esponenti ministeriali e del Consiglio, al termine del quale i primi - su esplicita richiesta dei secondi - chiesero se e quando il ministro avrebbe inviato a palazzo dei Marescialli la proposta di modifica delle piante organiche. La risposta fu: «Prima di Pasqua» ma finora nulla è arrivato al Csm. Certo, in quell'occasione si misurarono ancora una volta le distanze di impostazione, ma anche la volontà di accorciarle.
E così si arriva a stamattina. Severino e il capo del Dipartimento dell'Organizzazione giudiziaria dovrebbero fare il punto su una nuova proposta di revisione delle piante organiche dei magistrati - la terza -, che sia più in linea con le osservazioni del Csm senza smentire del tutto, però, quanto Severino scrisse al vicepresidente del Csm Michele Vietti, e cioè la volontà di dare una sistemazione definitiva almeno agli uffici giudiziari toccati dalla nuova geografia giudiziaria. I tempi sono strettissimi ma il governo Monti, tanto più dopo la nuova investitura del Quirinale, non può certo abbandonare al loro destino riforme approvate sulla carta, a cui mancano ancora le gambe per camminare.
Un mese e mezzo fa, la proposta ministeriale sulle piante organiche era stata fortemente criticata dal Csm e Severino, per evitare una bocciatura formale, aveva chiesto di soprassedere sul parere che il plenum si accingeva a votare di lì a poche ore. Il guardasigilli promise di presentare una nuova proposta parzialmente conforme alle osservazioni dell'Organo di autogoverno della magistratura chiedendo a quest'ultimo di rinviare il parere. Mossa risultata ai più incomprensibile, visto che il parere del Csm è obbligatorio ma non vincolante e, soprattutto, visti i tempi ristretti per l'attuazione della riforma. Il ministro, in sostanza, avrebbe potuto incassare il parere e recepirlo in tutto o in parte senza perdite di tempo, mentre ha imposto un nuovo giro. Da allora, però, nulla è cambiato: il ministero non ha invitato niente al Csm, preoccupato dello scorrere del tempo. Avvocati e politici contrari alla riforma, invece, hanno visto in questo silenzio un segnale positivo e funzionale quanto meno al rinvio della riforma. Che, tra l'altro, a ottobre, sarà giudicata dalla Corte costituzionale.
Molti hanno interpretato questo silenzio del ministro con l'opportunità di evitare sovraesposizioni a causa di una riforma impopolare, qual è la nuova geografia giudiziaria. Severino, infatti, sarebbe nella rosa dei papabili alle alte cariche istituzionali, di qui l'esigenza di allontanare contrapposizioni, seppure fisiologiche o scontate. Ammesso che siano interpretazioni fondate, quella prospettiva ora si sposta in avanti e intanto si riaprono alcuni fronti caldi sulla giustizia.
Un altro è quello della prescrizione, la grande lacuna della legge 190 sulla corruzione, che solo a tempo scaduto la Severino ha deciso di affrontare insediando un'apposita commissione ministeriale con il compito di studiare una riforma globale a futura memoria. La commissione aveva concluso i lavori all'inizio di marzo, tant'è che il ministro aveva annunciato una conferenza stampa per presentare il frutto di questo lavoro. Da un giorno all'altro, però, la conferenza stampa è saltata e non è più stata convocata, e i componenti della commissione, con grande stupore, si sono visti prorogare l'incarico per altri 15 giorni, che peraltro sarebbero scaduti già alla fine di questa settimana. Anche in questo caso, forse, era prevalsa l'esigenza di evitare sovraesposizioni su un tema politicamente caldissimo, sebbene essenziale per la lotta alla corruzione. Fino a Pasqua, ai commissari ministeriali non era arrivata alcuna convocazione per questa settimana, l'ultima della proroga. Ma ora, viste le decisioni del Quirinale sul mantenimento in vita del governo Monti, ci si aspetta che la commissione sia rimessa al lavoro, anche se non è chiaro su che cosa, e perché.
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