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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2013 alle ore 07:55.

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Angelino Alfano (Lapresse)Angelino Alfano (Lapresse)

ROMA - Nel Pdl si freme. La variabile tempo spinge i massimi livelli del partito a guardare con sospetto lo scorrere dei giorni senza che si veda un esito concreto nei dossier politici aperti. E questo rende credibile l'ipotesi circolata di una sorta di ultimatum del Pdl (al massimo 72 ore) entro cui i «saggi» nominati dal capo dello Stato dovranno produrre delle proposte. Così come non fa meraviglia il desiderio di Silvio Berlusconi di palesare certe sue ragioni di contrarietà davanti agli ultimi eventi, frenato per ora dall'opera di mediazione di Gianni Letta.

Tre ore di riunione ad Arcore tra Berlusconi e il vertice del partito sono servite a concordare la strategia in vista delle scadenze incombenti. Va da sé che i giochi sul prossimo presidente della Repubblica occupano il posto più in alto nei pensieri del Cavaliere, essendo stato questo all'essenza il motivo del contrasto con il Pd che ha condotto allo stallo attuale. Nella residenza milanese dell'ex premier, assieme al segretario Angelino Alfano, i capigruppo di Camera e Senato e i coordinatori hanno ripercorso i difficoltosi tentativi di avvicinare al dialogo i democratici meno inclini alla linea intransigente del segretario. Molti segnali suggeriscono l'idea che Berlusconi non si fidi fino in fondo dell'apertura di Bersani per un nome con il più ampio sostegno. Però il Cavaliere, in mancanza di una prospettiva migliore, preferirebbe approfittare di quel minimo di spazio concesso dal vertice del Pd pur di non ritrovarsi con una personalità al Colle del tutto ostile. «Siamo ancora favorevoli alla riconferma di Napolitano», dice il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani, «è stato un presidente impeccabile e gli abbiamo riconosciuto terzietà e senso dello Stato».

Tra i "duri" del Pdl non manca tuttavia chi vede nelle parole di ieri di Bersani (lavorare a un nome condiviso) una moral suasion di Giorgio Napolitano per provare ad abbassare i toni: la verità è che non si ha alcuna intenzione di creare un'intesa su un candidato comune. Di parte di queste preoccupazioni si fa portavoce il segretario Angelino Alfano nell'asserire che «se Bersani vuole occupare tutte le istituzioni, non c'è alcuno spazio per il dialogo. E ovviamente, se questo stallo prosegue perché il Pd pensa più alla fazione che alla nazione, c'è solo la strada delle urne già a giugno prossimo».
Il ragionamento di Alfano si allarga a tutta la linea seguita dal Pd. «Ho ascoltato l'onorevole Pier Luigi Bersani con doverosa attenzione - spiega nel dettaglio - e anche con la viva speranza di sentire una parola nuova, un cenno di buon senso, una ragionevole disponibilità a farsi carico delle esigenze del Paese». E invece, attacca il segretario, «devo dire con grande rammarico, ho ascoltato oggi le stesse parole ostinate, chiuse, fuori dalla realtà dei numeri del Parlamento, che l'onorevole Bersani ripete da 36 giorni, cioè dalla chiusura delle urne, tempo che la sinistra ha usato solo per occupare le Presidenze delle Camere (come ora spera di fare anche per la Presidenza della Repubblica), per impedire ogni dialogo nella direzione della governabilità, e per proporre inutili commissioni per riforme che il Pd ha sempre osteggiato».

È soprattutto alle urne, dunque, che si guarda in casa Pdl come male estremo, ma necessario, nel peggiore degli scenari. In quest'ottica va interpretata l'attenzione che il Cavaliere intende riservare all'evento pubblico del partito in programma il 13 aprile a Bari. Le direttive agli uomini più fidati prevedono un'organizzazione della kermesse nei minimi dettagli, che in qualche modo possa fare da atto d'avvio di un'eventuale campagna elettorale. (Ni. Ba.)

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