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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2013 alle ore 13:17.

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Senatori renziani contro il rimborso elettorale ai partiti. «Il rimborso elettorale ai partiti va interamente abrogato perché rappresenta una forma impropria di finanziamento pubblico alla politica. Il meccanismo disciplinato dalla legge attualmente in vigore, non fa infatti alcun riferimento alle spese sostenute dai partiti nelle competizioni elettorali ma eroga un finanziamento sulla base dei voti ricevuti». A sostenere la linea sono dieci senatori del Pd, vicini a Matteo Renzi - Andrea Marcucci, Rosa Maria De Giorgi,
Stefano Collina, Nadia Ginetti, Roberto Cociancich, Laura Cantini, Mauro Del Barba, Isabella De Monte, Stefano Lepri e Mario Morgoni - che oggi hanno depositato un disegno di legge per abrogare il rimborso elettorale ai partiti.

Il referendum del 1993 fu clamorosamente aggirato
Per i senatori 'renziani' «bisogna ripartire dal referendum del 1993 che fu clamorosamente aggirato e abolire una legge giustamente invisa all'opinione pubblica, per poi studiare meccanismi alternativi che prevedano il contributo diretto dei cittadini, anche attraverso il credito di imposta». Il provvedimento presentato abroga tutte le norme che attribuiscono a partiti e movimenti politici un rimborso in relazione alle spese elettorali sostenute per il rinnovo di Senato e Camera, del Parlamento europeo e dei Consigli regionali.

Nuovo modello: micro versamenti volontari
Il modello al quale si ispirano i parlamentari renziani, «stimola una larga partecipazione degli elettori, con l'obiettivo di incentivare micro versamenti volontari. In 40 anni di finanziamento dello Stato alla politica è venuto infatti meno l'obiettivo nobile che lo ispirava, ovvero la capacità di eliminare corruzione e malversazione, così purtroppo non é stato». I sentori si augurano che il loro disegno di legge «trovi un ampio consenso trasversale in Parlamento e possa diventare segno tangibile di una politica che si rimette in discussione e si ispira a criteri di trasparenza e di sobrietà».

Come ha funzionato finora il finanziamento
Il finanziamento pubblico ai partiti fu introdotto nel 1973 con la legge "Piccoli" sull'onda dell'idea che così i partiti politici non avrebbero avuto la necessità di ricorrere alle risorse dei grandi gruppi economici, in particolare a quelli dei grandi monopoli di Stato. Venne introdotto il divieto di precepire finanziamenti da strutture pubbliche e un obbligo di pubblicità e di iscrizione a bilancio dei finanziamenti privati superiori a un modico importo. Poi la legge 659/1981 raddoppiò le risorse e introdussero una nuova forma di pubblicità risultata poco efficace (rendiconto finanziario annuale su entrate e uscite). Nel 1993 i radicali diedero vita ad un referendum che dette risultati assolutamente chiari: il 90,3% dei voti era in favore dell'abrogazione di alcune delle norme sul finanziamento pubblico ai partiti. Nel dicembre 1993 la legge 515/1993 modificò la legge sui rimborsi elettorali definiti contributi per le spese elettorali e applicata dalle elezioni del 27 marzo 1994. Si trattò di 47 milioni in unica soluzione per l'intera legislatura. nel 2012 venne modificato l'articolo 5 della legge 96/2012 con un taglio delle risorse erogabili e l'obbligo di avere uno statuto democratico per aver diritto ai rimborsi.

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