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Questo articolo è stato pubblicato il 04 aprile 2013 alle ore 06:41.

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L'infanta Cristina di Spagna, figlia secondogenita di re Juan Carlos, sarebbe indagata dalla magistratura di Palma di Maiorca in un'inchiesta di corruzione e appropriazione di fondi pubblici nella quale i principali accusati sono il marito di Cristina, l'ex campione di pallamano, Inaki Urdangarin, e i suoi soci in affari. Una brutta storia di fatture false, rimborsi gonfiati, eventi mai organizzati e corruzione di amministratori locali che potrebbe spingere lo stesso re Juan Carlos ad abdicare.
Dona Cristina Federica Victoria Antonia de la Santisima Trinidad de Borbon y Grecia, questo il nome completo dell'infanta, dovrà presentarsi il 27 aprile al tribunale dell'isola delle Baleari per spiegare qual è stato il suo ruolo nelle attività di Noos, una fondazione che risulta essere stata presieduta dal marito ma nella quale la stessa Cristina faceva parte del comitato direttivo.
Non era mai accaduto nella storia della monarchia spagnola che un membro della famiglia reale fosse coinvolto così a fondo in un'inchiesta della magistratura. E non è ancora chiaro se l'infanta sia già indagata o se verrà sentita come persona informata dei fatti: il giudice istruttore, José Castro, dopo aver chiarito che «la legge è uguale per tutti» ha infatti spiegato che lo scopo della convocazione è di «fugare ogni dubbio sul reale coinvolgimento» dell'infanta e dell'uso fatto del suo «nome, titolo e posizione». La principessa Cristina potrebbe non aver avuto un ruolo attivo nella vicenda, potrebbe insomma essere stata raggirata e «sfruttata» dal marito.
Da più di due anni Inaki Urdangarin, aitante atleta e bronzo alle Olimpiadi di Atlanta e Sydney con la nazionale di pallamano, è sotto inchiesta assieme al suo socio in affari Diego Torres: secondo la magistratura la fondazione Noos da lui presieduta tra il 2004 e il 2006 avrebbe organizzato numerosi eventi legati allo sport, giustificando con fatture false o gonfiate i soldi pubblici ricevuti dal governo della regione delle isole Baleari e dall'amministrazione di Valencia, guidati in quel periodo dal Partito popolare. Di certo il nome dell'infanta è stato determinante per far arrivare contratti prima a Noos e poi alle società di Urdangarin e Torres: per un'appropriazione di fondi pubblici di circa sei milioni di euro.
Ma la figlia di Juan Carlos - 47 anni, settima nella linea di successione al trono, dopo il fratello Felipe, la sorella maggiore Elena e i rispettivi figli - fino ad ora non era stata coinvolta nell'inchiesta: sarebbero state le e-mail consegnate come prova da Torres a convincere la magistratura a procedere nei suoi confronti. Queste e-mail, nelle quali risultano come destinatari anche il re Juan Carlos e la regina Sofia, proverebbero infatti come Urdangarin avesse spiegato alla moglie i dettagli del funzionamento della fondazione Noos. E del resto la stessa Cristina aveva messo il suo segretario e consulente finanziario a disposizione del marito.
«Io e Cristina avevamo solo un ruolo di pura rappresentanza», ha detto Urdangarin all'inizio dell'inchiesta, poi ha cercato sempre di scagionare la moglie. Mentre Torres, che da tempo ha scelto di collaborare con i giudici, sostiene che la Casa reale «conosceva, protesse e favorì» l'attività della fondazione
La Casa reale si è rifiutata di commentare, facendo sapere di non volersi esprimere sulle «decisioni giudiziarie». La strategia difensiva, fin dall'inizio, è stata quella di marcare la distanza tra l'infanta e il marito, arrivando addirittura a fare pressioni per il divorzio. Secondo fonti vicine alla famiglia reale, Juan Carlos per salvare la monarchia, sporcata dallo scandalo e già in crisi di consensi, potrebbe anche arrivare ad abdicare in favore del figlio Felipe.
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