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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2013 alle ore 10:14.

Ogni giorno in Siria qualcuno viene rapito da gruppi della guerriglia, bande criminali o dagli stessi miliziani di Assad, gli shabiha. Con una guerra civile che sta raggiungendo il parossismo per numero di vittime e crudeltà - oltre 6mila morti soltanto nel mese di marzo - la situazione è andata fuori controllo e ne sono sono rimasti vittime anche i quattro giornalisti italiani sequestrati.

Questo è uno dei segnali più evidenti del caos e dell'anarchia in cui è piombato un Paese che somiglia sempre di più all'Iraq dopo l'occupazione americana e il crollo di Saddam Hussein. In un certo senso anche il regime di Bashar Assad è come se fosse già caduto perché non esercita più la sovranità su buona parte della Siria: il Nord è il terreno di battaglia dei gruppi armati locali e dei jihadisti che stringono d'assedio anche la città principale, Aleppo.

A Sud si stanno muovendo gli insorti che provengono dalla Giordania, alcuni addestrati, secondo il Washington Post, dagli stessi americani.
E affluiscono armi da ogni dove, anche dai Balcani e della Croazia, con i finanziamenti distribuiti dai Paesi del Golfo, dal Qatar all'Arabia Saudita: ognuno foraggia i guerriglieri "amici" in una guerra per procura dove si delineano confusamente le divisoni future del Paese.

E si combatte duramente dentro e fuori Damasco in quella vasta cintura periferica intorno alla capitale dove attentati con le autobomnbe e bombardamenti dell'artiglieria del regime sono una tragica sequenza quotidiana. Sono praticamente impossibili da percorrere le direttrici da Damasco verso il Nord e le strade intorno a Homs, altro grande centro siriano.

L'unica strada relativamente sicura è quella che conduce da Beirut fino al confine libanese e poi verso Damasco. Ma anche qui non è consigliabile uscire dal percorso principale. I villaggi di frontiera tra il Libano e la Siria sono coinvolti nella battaglia da molti mesi: recentemnte qui è stata sequestrata una troupe della Bbc che è riuscita a liberarsi quando si è allentata la sorveglianza dei rapitori.

Le forze in campo sono molteplici. Nella guerriglia ci sono i gruppi legati al Free Syrian Army che dall'inizio della rivolta armata tenta, senza molto successo, di estendere la sua influenza partendo dalle basi in Turchia. In realtà i gruppi islamici come Jabat al Nusra sfuggono completamente al controllo del Free Syrian Army, si ispirano alla Jihad, alla guerra santa, e contano tra le loro file molti combattenti stranieri, alcuni sotto l'ombrello ideologico di Al Qaida, sperimentati nelle guerriglie mediorientali e centro-asiatiche, dall'Iraq all'Afghanistan, alla Cecenia.

Anche lo schieramento del regime è variegato. Oltre all'esercito regolare ci sono le famigerate milizie degli shabiha, i duri del regime alauita, che si occupano dei lavori sporchi, dalla caccia agli oppositori alle esecuzioni sommarie. In questa atmosfera di terrore approfittano per fare soldi, con esazioni e rapimenti non soltanto di siriani facoltosi ma anche di persone modeste, come il mio autista, al quale un paio di mesi fa hanno portato via l'auto e il figlio: è riuscito a liberarlo per poche migliaia di dollari e una settimana di trattative. Ma ha negoziato passando da vari mediatori, al punto da non capire che fossero davvero gli autori del sequestro.

Bashar Assad, per resistere, è ricorso all'aiuto dell'Iran e degli Hebzollah. Teheran, insieme alla Russia, è il suo maggiore fornitore di armi che vengono trasportate via Iraq, un altro governo filo-sciita che proprio per questo ha ricevuto un duro ammonimento da parte degli Stati Uniti. Gli Hezbollah, aiutati dagli iraniani, hanno adestrato migliaia di uomini per la contro-guerriglia mentre i pasdaran, le Guadie iraniane della Rivoluzione, hanno il compito di sorvegliare i siti strategici, probabilmente anche la sicurezza dell'arsenale chimico.

Si è creato quindi un fronte della guerriglia sunnita e dei jihadisti che si contrappone a quello sciita e alauita, una minoranza musulmana - setta eterodossa dell'Islam - cui appartiene la famiglia al potere. La guerra civile sta quindi sfociando in una deriva radicale che pagherà la Siria ed è destinata a destabilizzare il cuore del Medio Oriente.

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