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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2013 alle ore 18:35.

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(Ansa)(Ansa)

I sindacalisti italiani con il senno del poi bocciano l'esperienza Thatcher. Tra lo Stato e i cittadini/lavoratori, spiegano a oltre trent'anni dalla scrittura di quella pagina della politica economica internazionale, devono esserci comunque degli enti intermedi, capaci di coniugare gli effetti del liberismo con la tutela dei diritti dei lavoratori e il "welfare". Il leader della Cisl Raffaele Bonanni ricorda che il modo migliore per gestire una ristrutturazione è garantire un dialogo tra le parti coinvolte: governo, sindacati e imprese. Carlo Ghezzi della Cgil, da parte sua, riconosce alla Lady di ferro una sorte di "onore delle armi": al di là della posizione di forte intransigenza avuta in quegli anni da Downing Street nei confronti dei rappresentanti dei lavoratori, Margaret Thatcher non ha mai disatteso le regole che sono alla base della democrazia. Sullo fondo, però, un timore comune a chi in quegli anni faceva attività sindacale in Italia: che questo modello di gestione dei rapporti, così poco incline al compromesso, potesse diffondersi anche in altri Paesi, a cominciare dal nostro.

Anni '80: la partita tra la Lady di ferro e i sindacati dei minatori
Margaret Thatcher, scomparsa oggi all'età di 87 anni, conservatrice, è considerata un'accanita avversaria dei sindacati, che l'hanno accusata di voler smantellare lo stato sociale. Nel cv dell'ex premier britannico non c'è solo una legge, approvata nel suo secondo mandato, che considera illegale uno sciopero non approvato dalla maggioranza dei lavoratori (a voto segreto). C'è anche e soprattutto quel braccio di ferro, durato oltre 51 settimane, con la National Union of Mineworkers (la Num), il potente sindacato dei minatori guidato da Arthur Scargill). Siamo negli anni Ottanta: l'ente minerario nazionale, la National Coal Board (Ncb), annuncia un piano "lacrime e sangue "di chiusura dei pozzi, con un taglio della produzione di 4 milioni di tonnellate. Nello smantellamento, alla fine, saranno coinvolti 165mila lavoratori. I sindacati non ci stanno e decidono di andare al muro contro muro. Lo sciopero contro la chiusura delle miniere di carbone nello Yorkshire del Sud, nella Scozia, nel Galles, del Nottinghamshire dura circa un anno. In tutto questo tempo la Lady di ferro non indietraggia di un millimetro. «Mai la democrazia parlamentare si piegherà al governo della folla», spiega in un discorso in Parlamento del luglio '84. «I minatori sindacalizzati sono il nemico interno».

La vittoria della Lady di ferro contro i minatori
Alla fine, dopo circa un anno di battaglie, picchetti che destano la solidarietà anche di una parte dell'opinione pubblica internazionale, violenze (dieci persone muoiono in circostanze legate allo sciopero e 20mila persone rimangono ferite tra dimostranti e poliziotti), l'ha vinta lei: il 3 marzo 1985 il sindacato non riesce a fermare il piano di chiusure, e con una maggioranza risicata (98 sì contro 91 no) decide la fine dello sciopero. I minatori riprendono il lavoro. Il Regno Unito abbandona così l'intera industria siderurgica. In Gran Bretagna inizia l'era del liberismo senza freni.

Bonanni (Cisl): battuti i sindacati di categoria
Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ricorda che il modello Thatcher ha rapprasentato «uno scontro sì memorabile, ma con i rappresentanti di singoli segmenti della produzione, con sindacati di categoria, non con forze confederali». La conseguenza è stata che «i sindacati di categoria hanno combattuto una battaglia priva di un qualsiasi legame con gli interessi generali». Per Bonanni l'esperienza italiana, diametralmente opposta rispetto a quella del Regno Unito, appare preferibile, soprattutto se ne analizzano gli effetti a distanza di anni. «Da noi - ricorda Bonanni - nello stesso periodo, negli anni ottanta, il sindacato decide di discutere con il governo e le imprese, e le ristrutturazioni vengono gestite, pur con tante difficoltà e momenti difficili, di comune accordo. Oggi, a distanza di anni - osserva il leader della Cisl - il sindacato inglese si lecca le ferite. Il Regno Unito è oggi un Paese privo di un'industria manifutturiera, a differenza nostra, che - per quanto i problemi non ci manchino- siamo tra i principali paesi in questo comparto. L'industria dei servizi finanziari - conclude Bonanni - senza una manifattura non può avere grandi prospettive».

Ghezzi (Cgil): mai messe in discussione le regole della democrazia
Carlo Ghezzi, storico sindacalista della Cgil, "spezza una lancia" a favore dell'ex premier britannico, scomparso oggi. «Thatcher è stata sì molto poco incline al dialogo con i sindacati, dura, violenta, ma - sottolinea il sindacalista italiano - non ha mai messo in discussione le regole della democrazia, cosa che - osserva il sindacalista - in Italia e in altri Paesi ogni tanto è accaduto. È la reazione della destra al welfare, al modello sociale europeo, senza però venir meno alle regole del gioco. L'idea era quella di una società con corpi intermedi: esistevano solo lo Stato e il cittadino. Thatcher e Reagan - conclude Ghezzi - hanno esasperato l'idea di mercato senza regole: avevamo il timore che questo modello si potesse diffondere anche in altri Paesi, a partire dal nostro. Ma la storia -osserva il sindacalista - alla fine ha dato torto alla Lady di ferro».

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