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Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2013 alle ore 06:37.

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ROMA
Risponde dal Ghana, dove è andato per aumentare la quota di export della sua azienda. Lavora nelle Marche Luciano Brandoni, nel settore del fotovoltaico e del termoarredo. A citargli la tragedia di Civitanova, sbotta: «il territorio, le aziende sono state lasciate sole. E se non si mette al centro il manifatturiero non si creerà ricchezza e lavoro. Purtroppo il governo e la politica non lo stanno facendo». Brandoni, presidente della Piccola industria delle Marche, esporta gran parte della produzione. Unica via di salvezza, senza una ripartenza della domanda interna. Ma certo, non basta l'export a spingere la crescita dell'Italia, dopo i crolli del Pil che ci sono stati dal 2007 ad oggi. «E poi, anche per andare oltre confine - continua - i nostri concorrenti possono contare su un governo che si muove, sulle banche, hanno la strada spianata per firmare i contratti. Noi no, qualcosa fa l'Ice ma non basta. Non abbiamo credibilità: noi come imprenditori sì, come Paese no».
Non cambiamo i toni se si passa a Mantova, una delle aree più industrializzate dell'Italia. Due mesi fa un'azienda storica come la Burgo ha chiuso. «E altre medie imprese, che hanno radici lontane, sono in una situazione di difficoltà», dice Maria Cristina Bertellini, presidente della Piccola industria di Mantova, e vice nazionale. La situazione sta degenerando: «a Roma - continua - stanno giocando con la vita delle imprese, e quindi dei lavoratori e del Paese. Quando abbiamo presentato a gennaio il documento di Confindustria i partiti lo hanno elogiato. Da allora ad oggi non è successo niente, si continua a discutere di tatticismi, ma non si prendono le decisioni per l'economia, mettendosi d'accordo in modo trasversale».
A Torino, al convegno che ha organizzato la Piccola industria di Confindustria venerdì e sabato, le imprese lanceranno il loro «grido di dolore». La sua azienda, dice la Bertellini (produce depuratori di acque, esportando il 70% del fatturato) sta reggendo, anzi hanno in mente una nuova acquisizione. «Ma la voglia di investire sta andando via, si infrange sui mille problemi che ci troviamo davanti». Manca anche la liquidità: «non me la prendo con le banche, dovendo ridurre gli affidamenti stringono la cinghia sulle imprese più in difficoltà. Solo che per dare finanziamenti chiedono un piano a tre o a cinque anni e nella situazione economica attuale è oggettivamente impossibile per un'impresa prevedere il futuro», dice ancora la Bertellini. Sottolinando un aspetto: «non ci sono certezze, abbiamo bisogna che qualcuno ci ascolti». C'è nervosismo in azienda, anche tra i lavoratori: «sento tanti problemi, in ogni famiglia c'è chi ha perso il posto, il mutuo da pagare, le spese che aumentano».
Se la situazione è pesante al Nord, al Sud il grido d'allarme è ancora più forte. «Andremo a Torino per riprenderci la nostra dignità di imprenditori. Se l'Italia brucia, la Sicilia è in cenere», dice Giorgio Cappello, presidente dei Piccoli siciliani. L'industria per eccellenza, dice Cappello, in Sicilia è la Pubblica amministrazione, che non paga e che ha difficoltà pesanti. C'è il rischio, dice, che si possano perdere a breve 1.600 posti nel campo della formazione. Solo nell'edilizia nel 2012 ne sono stati persi 75mila. «In teoria dovremmo essere al centro del Mediterraneo, ma non ci sono strutture di collegamento, per spedire un container a Tunisi dobbiamo mandarlo a Genova», continua Cappello. Anche il turismo, che potrebbe essere un grande volano, non decolla. E le aziende sono penalizzate sotto tanti punti di vista, per esempio, dice Cappello, con l'Irap, che in Sicilia ha un'aliquota del 4,85%, tra le più alte d'Italia. «Un'imposta rapina, che colpisce chi ha più lavoratori e più interessi passivi».
A Torino questo venerdì e sabato ci sarà. «Saremo presenti in tanti, stiamo preparando lo sbarco del Mille». Vogliono che il governo senta, che prenda decisioni. Per evitare che l'Italia, ancora oggi il secondo paese manifatturiero d'Europa, si avvii a perdere questa sua grande ricchezza che ha permesso sviluppo e occupazione.
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