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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2013 alle ore 11:48.

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Una terza fase di spending review, una nuova riforma del pubblico impiego da raccordare con le nuove regole per il lavoro privato e una decisa accelerazione del processo di dismissione di parte del patrimonio pubblico. È questa la rotta obbligata che dovrà seguire il prossimo Governo, a prescindere dalle scelte di politica economica da adottare a dagli eventuali margini di flessibilità da strappare a Bruxelles sul versante dei conti pubblici. A indicare queste coordinate imprescindibili sono il Def (Documento di economia e finanza) e il Pnr (Piano nazionale delle riforme) varati ieri con la formula "work in progress" dall'attuale Esecutivo e i singoli resoconti messi a punto nei giorni scorsi dai ministri uscenti.

Tra le opzioni un'operazione da 40-50 miliardi fino al 2016
Cifre non ne sono state fatte. Ma alcune ipotesi tecniche circolano da tempo: di qui al 2016 un possibile recupero di 10-15 miliardi dai nuovi tagli alla spesa, di 2-5 miliardi dal pubblico impiego e di almeno 30 miliardi dal piano di dismissioni (il governo uscente ha predisposto un piano per recuperare risorse pari a 1 punto di Pil l'anno) da destinare in primis al fondo di ammortamento del debito pubblici, ma anche agli investimenti e al pagamento di una seconda tranche di crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione.

La terza fase di spending review
Come emerge dal Def le prime due fasi di revisione della spesa messe in moto dall'Esecutivo uscente garantiranno circa 13 miliardi di risparmi nel periodo 2012-2015. L'istruttoria per la terza fase è stata già avviata ma dovrà ora essere completata e resa operativa dal prossimo Governo. Il Piano nazionale delle riforme indica alcuni interventi prioritari. Anzitutto il taglio delle Province, bloccato alla fine della scorsa legislatura dal Parlamento, e l'istituzione delle città metropolitane. Dovrà anche scattare un giro di vite su tutta l'articolazione periferica delle amministrazioni statali. C'è poi tutto il vasto fronte della potatura degli enti pubblici, della riorganizzazione delle amministrazioni centrali (ministeri e grandi enti) e soprattutto della nuova stretta sulle spese per beni e servizi (metodo Consip).

Gestione degli esuberi e una nuova riforma per gli statali
A dir poco delicata si annuncia la partita sugli statali. Anzitutto dovranno essere gestite le eccedenze di personale rispetto ai reali fabbisogni facendo leva su quattro strumenti: pensionamenti ordinari e in deroga, part time, mobilità volontaria e obbligatoria (massimo due anni dopo i quali scatterebbe il licenziamento). Resta poi da sciogliere il nodo della nuova riforma del pubblico impiego, come evidenzia anche il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, nel report conclusivo sull'attività svolta dal suo dicastero: «Affrontare in maniera organica il rapporto tra lavoro pubblico e privato». La strada suggerita è quella di un provvedimento, magari un disegno di legge delega, incentrato su professionalità, valutazione, merito che tocchi anche il tema delle relazioni sindacali.

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