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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2013 alle ore 06:38.

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ROMA
Non si capacitano. Non riescono a spiegarsi, da dentro i cancelli delle fabbriche, la totale assenza della politica. Mentre i numeri dell'economia continuano a scandire la grave crisi del Paese. «Noi dobbiamo decidere tutti i giorni, tutti i mesi assicurare gli stipendi ai nostri collaboratori. E vediamo una politica che invece non decide, che a quasi due mesi dal voto non è ancora riuscita a dare un Governo al Paese». Luigi Mansi è nella sua azienda in provincia di Grosseto, la Nuova Solmine, di cui è presidente, e che produce acido solforico. «Ci stiamo difendendo, ma la situazione è difficile, in questi primi mesi soffre la domanda interna e anche l'export. Speriamo che nella seconda parte dell'anno per lo meno le esportazioni possano riprendere», continua Mansi. Ma tutti i giorni è uno slalom: dietro le commesse, dietro i pagamenti che non arrivano. Anche Mansi fa parte dei tanti imprenditori che hanno ritardi di pagamenti da parte della Pa, nel suo caso 6 milioni di crediti Iva, che devono arrivare da un anno. «La difficoltà finanziaria è un limite forte, come si fa a programmare lo sviluppo e gli investimenti, quando non si ha la visibilità del futuro». E quando, continua, anche clienti finora affidabili sono entrati in difficoltà, ricorrendo al concordato fallimentare, «il che vuol dire non rientrare più dei propri crediti».
Servirebbe un'azione forte a sostegno dell'economia. Quella terapia d'urto che Confindustria ha scritto nel documento presentato alle forze politiche a gennaio, prima del voto. Un'agenda economica per il Governo che sarebbe seguito e che ancora non c'è e che porterebbe nell'arco di 5 anni ad una crescita del Pil del 3% e 1,8 milioni di nuovi posti di lavoro. «Basterebbe attuarla. Invece la politica è assente, latitante. È seduta su un transatlantico che affonda, con l'orchestrina che suona», dice Salvatore Giordano, vice presidente della Piccola del Piemonte. «Andiamo avanti per il nostro senso di orgoglio, per il rispetto verso i nostri collaboratori, che nelle piccole aziende conosciamo tutti per nome. Ma altrimenti, la motivazione verrebbe meno, stretti tra tasse e burocrazia». Ormai, continua Giordano, si sta andando sotto il livello di guardia: le imprese chiudono e c'è il rischio desertificazione. Fa rabbia, visto che le imprese italiane hanno specializzazioni e tecnologie che fanno gola agli stranieri: «Volkswagen ha aperto qui in Piemonte un ufficio acquisti, a riprova che il territorio nell'automotive ha tecnologie di eccellenza. Se ne accorgono dall'estero, non se ne accorge chi ha il compito di guidare il Paese», aggiunge ancora Giordano la cui azienda, la Elmeg, fornisce anche di Fiat e Iveco. «Le aziende stanno morendo di mancanza di liquidità, di burocrazia, di fisco. La politica ci sta deludendo in modo inimmaginabile, non capiamo perché sia sorda alle esigenze delle imprese, con la conseguenza di dissipare la forza del Paese».
Mettere al centro il manifatturiero, le imprese, motore di benessere e occupazione. Il convegno della Piccola industria di Torino venerdì e sabato, è vissuto come una chiamata a raccolta del mondo delle imprese. «Non vogliamo fare l'elenco delle lamentele, rilanceremo il documento di Confindustria, una ricetta da applicare per determinare la ripresa. Tutti l'hanno apprezzato, ma poi se lo sono dimenticato», dice Mansi.
Ha dovuto trovare un escamotage Pamela Pace, imprenditrice romana nel campo delle tecnologie con la sua Obectivo: «Parte della nostra domanda nasce dalla Pubblica amministrazione, ma per evitare ritardi di pagamenti e blocco della liquidità abbiamo deciso di lavorare in subappalto con multinazionali, che ci pagano», racconta. Per alcune commesse con la Pa è già in ritardo del pagamento di oltre 18 mesi. «Il peso della burocrazia è sconfortante. Noi lavoriamo anche con i Paesi scandinavi, fare il confronto tra come funzionano lì gli uffici pubblici e da noi è avvilente. Da noi non c'è mai un responsabile. E poi il fisco: abbiamo fatto i calcoli quest'anno avremo una pressione fiscale del 63 per cento», continua l'imprenditrice romana. E la politica latita. Non solo, la Pace si pone una domanda: «Guardando le immagini di oggi, mi chiedo se anche con un futuro Governo riusciremo avere al posto giusto chi ha capacità di progetto e di visione».
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LA TERAPIA D'URTO
La proposta
Il progetto di Confindustria per la crescita propone una serie di iniziative che darebbero una scossa all'economia italiana, come la restituzione di 48 miliardi di debiti della Pa, la riduzione dell'Irap e dell'Irpef, incentivi per gli investimenti in ricerca
La copertura
Per Confindustria i costi di queste iniziative possono essere coperti con azioni come il taglio del 5% della spesa pubblica o l'armonizzazione delle aliquote Iva
I risultati previsti
L'applicazione delle proposte degli industriali porterebbe una crescita del Pil in cinque anni del 12,8% e anche un incremento dei posti di lavoro per 1,8 milioni di unità

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