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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2013 alle ore 16:24.

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Un patto tra produttori, un accordo che superi i ritardi e le carenze della politica per tornare allo spirito del dopoguerra e restituire competitività al paese, rilanciando un paese ormai "a pezzi".

Vincenzo Boccia, presidente della piccola industria di Confindustria parla a Torino davanti a un migliaio di imprenditori, arrivati in Piemonte in massa per lanciare alla politica e ai partiti il grido di dolore dell'economia reale.
Tutti in piedi, al Lingotto di Torino, per un minuto di silenzio per denunciare - spiega Boccia - chi non ascolta, non reagisce, non interviene e non ha la consapevolezza della situazione di emergenza in cui siamo. Sintetizzata da 3 milioni di disoccupati, una produzione in calo del 25,5% dal 2007, 41 imprese al giorno che chiudono i battenti.

Il tempo è scaduto e Confindustria chiede ai partiti una immediata assunzione di responsabilità per contrastare il crescente gap competitivo, che impone all'Italia ad esempio rispetto alla Germania di avere un tax rate superiore di 20 punti, un costo dell'energia più alto del 30%, un costo del denaro quasi doppio.

«I deficit del Paese - spiega Boccia - sono i deficit di competitività delle imprese: in pratica le stiamo distruggendo e andare avanti così significa portare alla paralisi il sistema industriale italiano: noi non possiamo accettarlo, non possiamo consentirlo».

A Torino si presenta così una Confindustria «di protesta e di proposta, con un grido di rabbia ma anche di speranza». Speranza perché i fondamentali del paese sono a posto, rabbia perché le scelte che servono al psese non si stanno attuando. E' urgente dunque rimettere l'economia reale al centro delle politiche di inervento, sia a livello nazionale che continentale. Lo slogan, "tempo scaduto" sintetizza la denuncia e la rabbia.

All'Europa si chiede di adoperarsi per rilanciare la crescita, sviluppando il progetto politico la cui assenza in questa fase mina alle fondamenta il progetto dell'euro, mettendo anche la Bce in grado di sostenere la crescita, al pari di Fed e Bank of Japan.
La traiettoria deve essere quella dello sviluppo, che si realizza anche con le infrastrutture, a cominciare dalla Tav. Boccia dice "no" alla decrescita felice, perché "decrescita significa sempre miseria e povertà, che per noi è un dovere combattere".

Cruciale è rimuovere gli ostacoli al lavoro delle imprese, rimuovendo le inefficienze, le lentezze della giustizia che riducono anche l'afflusso di capitali esteri.
"Se non sapremo avviare quelle riforme essenziali – aggiunge Boccia – il rischio è che finiremo per diventare la zavorra dell'Europa".

Siamo ad un bivio dunque, e dobbiamo salvare il Paese. "Abbiamo il dovere nei confronti del Paese di far comprendere ai nostri concittadini che l'economia è questione di interesse nazionale che riguarda tutti". Nel momento più difficile della storia per Boccia c'è così' il dovere, a partire dalle parti sociali, di stringere un patto dei produttori, per impegnarsi a ricostruire il paese.

«Insieme per salvare la fabbriche, per tornare allo spirito del dopoguerra, nella certezza che una nazione senza fabbriche è una nazione senza lavoratori e senza imprenditori». L'appello alla politica è di passare dalle tattiche alle esigenze del paese, avendo come unica priorità l'Italia, un appello a quei partiti «indifferenti alla situazione di emergenza economica e ai gravi danni che il Paese subisce».

"Un appello a tutte le forze responsabili da chi ogni giorno apre i cancelli dell'azienda e chiede alla politica di continuare a sognare e di avere una ragione per combattere, reagire e credere in un futuro migliore".

Le domande e le richieste alla politica sono dunque in fondo - ricorda Boccia - sempre le stesse: cosa intendete fare per ridurre le tasse sulle imprese, per i costi dell'energia, per il debito e lo spread. Quali infrastrutture dare al paese, quando ridurre il cuneo fiscale.
"Cinque domande e non otto punti – conclude Boccia – che ripeteremo ogni giorno fino a quando non avremo risposte nei fatti".

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